di Angelo Mazzoleni

Il ritornello-mantra che viene ogni giorno riproposto da vari portavoce, lo hanno fatto anche ieri sera Roberto Fico ed altri portavoce intervistati a Piazzapulita, per spiegare espulsioni e sospensione di Pizzarotti, è quello che Grillo è da sempre il garante del M5s. Suo dunque il diritto, in base a regole (peraltro non scritte dunque arbitrarie nell’interpretazione), di decidere liberamente sospensioni ed espulsioni. Punto e a capo. Pur conoscendo il buon livello culturale dei portavoce del M5s in Parlamento, viene il dubbio che ci sia però una scarsa conoscenza del significato e del ruolo che dovrebbe avere in un sistema democratico un garante e che questa spiegazione non basti a coprire i malumori di parte della base e a convincere i cittadini elettori. Come sappiamo, il monarca assoluto, a differenza di quel che avviene in un sistema democratico, concentra in sé tutti i poteri, si identifica in uno stato, anzi è lo stato, decide lui, a discrezione, le regole, le leggi, la vita e la morte dei sudditi.

Il concetto di capo politico assoluto, pur con molte differenze, si avvicina dunque, metaforicamente, più alla figura di un monarca che a quella di un garante. I garanti, in un sistema democratico, hanno infatti solo il compito di vigilare sul corretto svolgimento di una funzione stabilita attraverso regole scritte e codificate, di segnalare eventuali  violazioni, non di imporre, sulla base di regole da lui medesimo decise, delle sanzioni neppure codificate stabilendo quindi, a discrezione, la pena per un dato comportamento. Soprattutto, in generale, un garante non dovrebbe essere contemporaneamente proprietario del bene su cui sta vigilando e dovrebbe a sua volta rispettare le leggi del sistema democratico in cui vive; norme che vengono prima delle regole dell’ente o movimento su cui ha il compito di vigilare. In sostanza, a mio parere, il garante dovrebbe essere figura esterna e neutra, quindi non proprietaria del bene su cui sta vigilando, perché in questo caso si creerebbe una sorta di conflitto di interessi, per quanto, nel caso di cui parliamo, non legato certo ad interessi economici.

Non dimentichiamo che un garante dovrebbe essere democraticamente eletto nel suo ruolo e per quella funzione; dovrebbe cioè avere una sua legittimazione democratica. L’impressione è che non si abbia il coraggio nel direttorio (per altro anch’esso non eletto dalla base ma nominato sempre dall’alto) di affrontare con Beppe Grillo questa questione. Basterebbe affiancare all’attuale garante altri portavoce, democraticamente scelti ed eletti dalla base, definire, scrivere e porre in votazione regole condivise chiare, procedere ad una cessione del marchio a membri (anch’essi  regolarmente eletti) dell’associazione-fondazione, per uscire dalla confusione attuale. A me pare l’unico modo sensato per risolvere alla radice una criticità che continua ciclicamente  a produrre danni al  M5s, come dimostrano recentissimi sondaggi, dopo il caso Pizzarotti, sanando una  situazione di grave anomala democratica non più accettabile da chi pensa, secondo peraltro i valori  e principi espressi alle sue origini, che il M5s debba appartenere al movimento e non ad un capo o ad una oligarchia.

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