Musica

Orchestra operaia, come lavorare con la musica ai tempi della crisi

Un ensemble di giovani musicisti provenienti da Roma e dintorni. "Abbiamo costruito 25 diversi repertori – dice Massimo Nunzi – Ma la cosa veramente innovativa sta nel fatto che, oltre ai musicisti, ho coinvolto altri giovani direttori, compositori e arrangiatori"

di Salvatore Coccoluto

Si sa, vivere d’arte in Italia non è mai stato semplice. Se poi si aggiungono le difficoltà economiche del momento, diventa quasi impossibile. Questa situazione il compositore e trombettista Massimo Nunzi la conosce bene, considerati i quasi trent’anni di esperienza come arrangiatore e direttore d’orchestra. Per reagire a un momento di crisi senza precedenti, che ha ristretto ulteriormente gli spazi espressivi anche nel settore musicale, l’artista ha deciso di unire le forze in campo e di formare l’Orchestra Operaia: un ensemble di giovani musicisti provenienti da Roma e dintorni. Ragazzi che hanno studiato il proprio strumento e hanno maturato esperienze con artisti di prestigio, ma che per colpa della congiuntura sfavorevole fanno sempre più fatica a trovare spazi e situazioni per esibirsi. “La crisi nel settore musicale – ci racconta Nunzi – esiste da quando sono nato. Ma questa volta sta succedendo un fatto grave: si costruiscono professionalità che poi non vengono valorizzate e spesso si perdono”.

Nel formare l’Orchestra Operaia, il musicista si è ispirato alle ensemble che nacquero nel 1929 negli Stati Uniti in reazione alla “grande crisi” che mise in ginocchio l’economica mondiale. Convinto che la ripresa e il riscatto passino attraverso la cooperazione, nel maggio 2013 ha cominciato a mettere insieme un gruppo eterogeneo di suonatori: chitarristi, batteristi, trombettisti. Artisti con diverse attitudini e ‘specialità’. Dopo le difficoltà iniziali, finalmente da gennaio di quest’anno possono riunirsi, ogni lunedì, per suonare insieme. “Abbiamo costruito 25 diversi repertori – continua Nunzi – Ma la cosa veramente innovativa sta nel fatto che, oltre ai musicisti, ho coinvolto altri giovani direttori, compositori e arrangiatori. E condivido la direzione dell’orchestra con questi ragazzi promettenti. Molti mi hanno contattato tramite Facebook. È un fatto unico in Italia. Tutti i direttori vedono l’orchestra come qualcosa di proprio, una sorta di moglie. Mentre io ho deciso di condividerla”.

Grazie a questo lavoro di reclutamento, oggi l’Orchestra Operaia conta oltre 60 musicisti che ruotano tra di loro in base alla disponibilità e ai repertori. La cooperazione gli permette di curare diversi progetti ed esibirsi con paghe dignitose, quattro o cinque volte maggiori di quelle normalmente concesse in altre situazioni musicali. Ed è un vero miracolo vista la mancanza di qualsiasi sostegno. “Purtroppo in Italia non esiste un sistema che favorisca l’integrazione lavorativa dei musicisti – racconta Nunzi – non ci sono leggi che ci tutelino in questo senso. E gli oneri per tenere in piedi un’orchestra sono molti. Paghiamo tantissime tasse e non c’è una struttura che promuova la crescita artistica di questi ragazzi. Io ho suonato con tantissimi musicisti importanti a livello internazionale, Chet Baker, Dizzy Gillespie, Dave Liebman, ma questi artisti esistevano perché c’erano locali disposti a investire su di loro, a dargli fiducia. In Italia manca questo tipo di sperimentazione, la voglia di rischiare”.

Nonostante l’assenza di sostegno e strutture, quest’anno l’Orchestra Operaia si è tolta già parecchie soddisfazioni. Ha ripreso i repertori di artisti italiani come Niccolò Fabi, Petra Magoni, Nathalie, riarrangiandoli in chiave jazz e proponendoli dal vivo insieme a loro. E un ulteriore premio a questa intensa attività è arrivato con il concerto di sabato 30 novembre all’Auditorium Parco della Musica, nell’ambito del Roma Jazz Festival. Undici musicisti dell’Orchestra e quattro arrangiatori saliranno sul palco per proporre il repertorio delle band nate durante la Grande Depressione, eseguendo per la prima volta gli arrangiamenti originali di Glen Grey e di Casa Loma. Poi suoneranno alcuni rarissimi adattamenti di Lionel Hampton, Count Basie, Duke Ellington, Benny Goodman e Chick Webb, dedicando spazio anche a band e musicisti meno conosciuti. “L’Orchestra Operaia ha un respiro internazionale. Io spero che possa andare in giro per il mondo. Questi ragazzi sono in grado di suonare qualsiasi cosa: dal jazz degli anni ’30 alla musica contemporanea. Siamo come una squadra di calcio: giocando sempre insieme si è creato il giusto affiatamento per vincere le partite. Ecco perché il 10 dicembre ci hanno chiamato per un Christmas Concert ad Arezzo. E poi per Capodanno ci saranno grandi sorprese”.

Foto per gentile concessione di Paolo Soriani

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