Cinema

Festival di Cannes – Megalopolis, ecco il film-mondo di Francis Ford Coppola

di Anna Maria Pasetti
Festival di Cannes – Megalopolis, ecco il film-mondo di Francis Ford Coppola

Tutto e il contrario di tutto. La follia e la filosofia, l’utopia e la distopia, la tragedia e la commedia. La crisi della coscienza e la dittatura del capitalismo. Le origini italiane, la decadenza americana, e l’unica salvezza possibile nella famiglia. E ancora, il passato, il presente e i futuri possibili dell’umana sorte. In un’opera extra-ordinaria nel senso più etimologico del termine, Francis Ford Coppola ha firmato con Megalopolis il suo film-mondo, il più ambizioso, nonché il proprio testamento artistico, umano e spirituale. Accolto in trionfo “a prescindere” stasera al Festival di Cannes dove è tornato a concorrere dopo 45 anni e due Palme d’oro (rispettivamente per La conversazione e Apocalypse Now) Megalopolis era il titolo più atteso quest’anno sulla Croisette senza l’ombra di alcun rivale.

Trattasi di un progetto per lui talmente fondamentale da averlo riscritto 300 volte nell’arco di 40 anni e di averlo infine auto-prodotto per un budget di 120millioni di dollari. Insomma, un oggetto monstre che esplode di contenuti formali e tematici, qualcosa di estremo da ogni parte lo si voglia osservare e che, inevitabilmente, è destinato a dividere pubblico e critica fra adoratori e detrattori. Ciò detto, non significa che vada sottratto all’analisi critica e a un giudizio di valore, premettendo comunque che di fronte a tali esperienze cinematografiche sia utile un arco di tempo minimo tra la visione e la scrittura per far sedimentare pensieri e riflessioni.

Megalopolis si ambienta in un futuro distopico in una città chiamata New Rome (che però di fatto è New York) ed è – in estrema sintesi – il racconto della sfida tra un architetto premio Nobel (Adam Driver) per aver inventato il materiale rivoluzionario ed eco-sostenibile per eccellenza (il Megalon) capace di fermare il Tempo e il sindaco della città (Giancarlo Esposito) che lo osteggia ma la cui figlia è legata sentimentalmente proprio al giovane genio.

Se il primo propone un modello di città del futuro creato sui valori del Megalon, il secondo lo teme come possibile usurpatore, specie perché è sostenuto finanziariamente dal ricchissimo zio banchiere (Jon Voight). Accanto, sotto, sopra e attorno a un plot da tragedia classica sul gioco del potere si erige il monumentale sguardo coppoliano che, a differenza dell’apocalittico metafisico, dilatato e spesso silente suo capolavoro del 1979, lavora qui per accumulo barocco, riempiendo ogni minuto de 138 di durata del film di rivelazioni visionarie, che vanno dal kitsch insopportabile alle intuizioni geniali.

In tutto questo, chiamando i protagonisti coi nomi di noti antichi romani (da Cesare Catilina a Crasso passando per Cicerone..), facendo firmare a Milena Canonero dei costumi spettacolari sulla forgia dello stile impero però versione fantascientifica e comporre al musicista argentino Osvaldo Golijov una colonna sonora che rievoca il peplum (ma che poi si modifica con la contaminazione dei generi..) Coppola non può che chiamare in causa il cinema, omaggiandone colleghi amati (Orson Welles, Hitchcock, Fellini e diversi altri..), ma anche film (vedi Ben Hur e molti altri…) e la mescolanza – si diceva – dei generi, spaziando dunque dalla tragedia alla commedia, dalla fantascienza all’opera rock, dal thriller al political/conspiracy drama, dall’action al burlesque e al circense, senza dimenticare naturalmente il gangster/mafia movie.

Per poi andare a citare, contestualmente, anche Shakespeare, la Bibbia e le Meditazioni di Marco Aurelio. Con Megalopolis Francis Ford Coppola mette sotto evidente accusa la decadenza morale dell’America contemporanea (chiarissimi i riferimenti a Trump e al trumpismo) il cui antidoto è rintracciabile solo nel ritorno alla famiglia, per lui da sempre nucleo fondativo e sostanziale della comunità. In tal senso se è vero che la “romanità” di cui è – nel bene e nel male – travestito il film riferisce ovviamente alle proprie origini italiane, gli USA sono invece rappresentati nel loro volto più decadente e cinico: da una parte da un mesto e sfatto simil-Elvis Presley canta l’inno americano sventolando una sciupata bandiera, dall’altra, è il dio dollaro a farla da padrone nello scintillio esagitato di personaggi terrificanti, e nelle costanti scritte che rimandano al denaro. Ecco che contro questo modello portatore di sicura distruzione per il genere umano, la proposta “ecologica” (in ogni senso) di Francis Ford Coppola è il ritorno ai grandi valori esistenziali, elencati in un monologo da non spoilerare ma che profuma di amore, vita, democrazia e.. ripetiamolo ancora, di famiglia.

Nota bene: Megalopolis non ha ancora una distribuzione italiana, l’auspicio è che venga presto rintracciato un distributore che abbia il coraggio di portarlo nelle sale.

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