Bankitalia si limita a far sapere che l’ipotesi “non è all’ordine del giorno“. Mario Draghi dal G7 in Germania dice di non saperne “assolutamente nulla” e aggiunge che “sarà il governatore a decidere quando vuole, è sempre stato così”. Finora, insomma, nessuna esplicita smentita. Il tema è la possibilità che il governatore di Bankitalia Ignazio Visco si dimetta in autunno in modo che il presidente del Consiglio possa sostituirlo con un fedelissimo come Fabio Panetta sottraendo la nomina al governo che uscirà dalle urne nel 2023. In modo da evitare che “il dopo Bankitalia possa essere un domani espressione di nuove istanze populiste“. A dar conto dell’indiscrezione è Il Foglio: il direttore Claudio Cerasa scrive che l’addio potrebbe arrivare in ottobre e si inserirebbe in uno “schema” che “prevede la necessità di utilizzare i prossimi mesi, i mesi che ci separano dalla fine della legislatura, per irrobustire la spina dorsale del paese, per mettere l’Italia in sicurezza, per offrire al Piano nazionale di ripresa e resilienza delle gambe forti su cui poggiare nel futuro”.

L’operazione mirerebbe insomma a mettere “in sicurezza” alcune posizioni ai vertici delle istituzioni e delle maggiori partecipate prima del voto. “Per far sì che il tandem che guida oggi l’Italia con successo (Sergio Mattarella e Mario Draghi)”, scrive Cerasa, “possa contribuire a introdurre nel tessuto del paese il maggior numero possibile di bulloni utili a tenere saldi gli argini dell’anti populismo“. Uno scudo contro “istanze populiste” come quelle che durante l’esecutivo gialloverde misero nel mirino, peraltro senza successo, l’allora vice direttore generale di via Nazionale Luigi Federico Signorini. Che nel 2021 è diventato dg prendendo il posto di Daniele Franco, scelto come ministro dell’Economia, e proprio oggi nelle vesti di presidente dell’Ivass ha chiesto che l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni sia trasformato in ente strumentale della banca.

Un indizio sull’intenzione di attuare questa “operazione bulloni” sarebbe da cercare nelle dichiarazioni fatte un paio di giorni fa dal premier al G7: “La crisi energetica non deve produrre un ritorno del populismo”. Di qui la tentazione di quella che il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara – entusiasta dell’approdo di Draghi a Chigi – definisce “operazione continuità“. Prima delle elezioni, che in assenza di scioglimento anticipato delle Camere si terranno non prima della fine di maggio 2023, ci sarebbe “tempo per scegliere, oltre al nuovo capo di Invitalia che verrà comunicato nelle prossime ore” – Domenico Arcuri è in uscita – anche 2il nuovo capo dell’Agenzia delle entrate (Ernesto Maria Ruffini scadrà il 30 gennaio del 2023 ma la volontà da parte del governo è quella di riconfermarlo)” e le nomine delle partecipate dal Mef come Eni, Enel, Poste, Terna, Leonardo, facendo “uno strappo alla regola datasi in questi mesi di non confermare nessuno degli ad uscenti”.

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