Il magistrato Fabio De Pasquale non è stato confermato dal Consiglio superiore della magistratura nell’incarico di procuratore aggiunto di Milano. Alla base della decisione c’è il giudizio negativo sull’operato del pm nel suo primo quadriennio da dirigente (2017-2021), in particolare rispetto al procedimento per corruzione internazionale sulle presunte tangenti di Eni e Shell in Nigeria, concluso con l’assoluzione definitiva di tutti gli imputati per non aver commesso il fatto (dopo che la Procura generale ha clamorosamente rinunciato all’impugnazione). De Pasquale, titolare del fascicolo insieme al collega Sergio Spadaro, è accusato di non aver depositato nel corso del una serie di atti favorevoli alle difese, in quanto idonei a dimostrare la non credibilità di Vincenzo Armanna, l’ex manager di Eni imputato e “grande accusatore” dell’azienda. Per questo motivo è sotto processo a Brescia per omissione d’atti d’ufficio. Nei suoi confronti, inoltre, al Csm sono stati aperti un procedimento disciplinare e una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale, entrambi ancora in corso.

Il Consiglio superiore ha ribaltato il parere favorevole alla conferma espresso dal Consiglio giudiziario di Milano, l’organo di autogoverno locale. Nella delibera di non conferma, approvata con 23 voti a favore e quattro astenuti, si legge che risulta “dimostrata l’assenza in capo al dottor De Pasquale dei prerequisiti dell’imparzialità e dell’equilibrio, avendo reiteratamente esercitato la giurisdizione in modo non obiettivo né equo rispetto alle parti nonché senza senso della misura e senza moderazione”. Il documento condanna “la pervicacia dimostrata” dal pm “in tutte le sedi in cui è stato chiamato a illustrare il proprio operato”, che “è idonea a dimostrare” come “le condotte poste in essere”, “lungi dall’essere contingenti e occasionali, rappresentino un modus operandi consolidato e intimamente connesso al suo modo di intendere il ruolo ricoperto”. Per questo il magistrato decadrà dall’incarico di procuratore aggiunto e tornerà un semplice sostituto. Come spesso accade, però, la decisione del Csm sui primi quattro anni del suo mandato da dirigente è arrivata quando il magistrato ha già quasi concluso il secondo quadriennio, l’ultimo possibile in base alla legge. La conseguenza più pesante, dunque, sarà l’impossibilità per De Pasquale di candidarsi a ulteriori incarichi direttivi.

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