Svolta nell’inchiesta su Giovanni Sala, il 34enne morto nella notte tra il 19 e il 20 agosto scorso davanti alla sede Sky di Rogoredo, alla periferia sud di Milano. Sala era stato bloccato da due guardie giurate, presenti all’ingresso dell’azienda, e dopo aver accusato un malore era morto. Ma, nell’intervenire, uno dei due vigilantes si è messo sopra il 34enne e lo ha bloccato a terra con un ginocchio sulla schiena per poco più di un minuto. Dall’autopsia era emersa l’ipotesi di una morte per arresto cardiaco, escludendo la frattura toracica. È stata aperta così un’inchiesta per omicidio colposo. Ma ieri, mercoledì 8 maggio, la svolta. Come riporta la Repubblica, la procura, con il pm Alessandro Gobbis, ha chiuso l’indagine nei confronti dei due vigilantes che ora sono indagati per omicidio preterintenzionale aggravato perché avrebbero dato “arbitrariamente sfogo a istinti violenti e inutilmente prevaricatori“.

Il pm ha ricostruito, in aula, la vicenda che fu anche ripresa dalle telecamere. Quella notte, Sala “in evidente stato di agitazione e a seguito dell’assunzione massiccia di sostanze alcoliche e stupefacenti”, corre lungo via Russolo e si avvicina più volte all’ingresso di Sky urlando frasi sconnesse: “Mi stanno inseguendo, chiamare police”. Poi l’intervento dei vigilantes con “improvvisi e immotivati pugni al volto”. A sferrarli una delle due guardie che poi – continua Gobbis – “decide arbitrariamente di fermarlo con la forza in assenza di qualsiasi pericolo” facendolo così “rovinare a terra“. “Una volta a terra entrambi i vigilantes “lo immobilizzano con forza, senza alcuna necessità di tutelare persone o cose da pericoli concreti”. E nello specifico, una guardia giurata “lo teneva immobilizzato dalla parte del busto” – si legge nell’atto di accusa – mentre il collega “lo teneva immobilizzato dalla parte delle gambe“.

Sala ha provato a dimenarsi ma poi ha perso i sensi e l’arrivo dei soccorsi è stato vano. Secondo il pm, il 34enne muore per uno “scompenso terminale di una ischemia miocardica diffusa insorta nell’ambito di un’acuta intossicazione di cocaina” ma va anche considerata “l’azione concausale delle condotte violente” delle guardie “le quali hanno prodotto uno stato di stress ulteriore”. La cocaina, da sola – conclude Gobbis – “non sarebbe stata sufficiente a determinare il decesso”.

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