Il mondo delle telecomunicazioni è ancora una volta in agitazione. Questa volta tocca ai dipendenti Vodafone. Qualche giorno fa l’azienda ha comunicato ai sindacati l’intenzione di cedere il ramo di azienda denominato “NTW” – relativo alle attività ingegneria, progettazione, manutenzione e gestione delle reti di telecomunicazioni – con ben 668 dipendenti.

Va evidenziato che negli ultimi anni anche altre società di telecomunicazioni (come Ericsson e Tim, e invero ancor prima la stessa Vodafone, mentre Wind ha di recente fatto retromarcia) hanno ceduto o hanno annunciato di voler cedere parte dei servizi di rete e dunque dei propri tecnici, in alcuni casi dando luogo a grossi contenziosi di lavoro, poiché molti dei ceduti hanno ritenuto ingiusta la cessione del proprio contratto di lavoro.

Questo significa che operazioni di questo tipo rappresentano una tendenza del mercato, che in quanto tale dovrebbe suscitare interesse politico. In pratica, è in corso una modifica sostanziale dei modelli organizzativi e del lavoro delle reti di telecomunicazioni italiane, e invero anche di quelle estere.

Vale la pena di ricordare che giusto un anno fa Vodafone aveva annunciato il taglio di 11 mila dipendenti in tre anni in diverse parti del mondo compresa l’Italia, definito “piano di semplificazione”, che per i lavoratori è ovviamente un “piano di complicazione” se non addirittura di vera e propria disperazione.

La notizia dei licenziamenti di massa è rimbalzata sui principali mezzi di informazione nazionali ed esteri, per cui è facile immaginare la serenità con cui i quasi 700 dipendenti della nota multinazionale affronteranno il passaggio a un’altra società.

Attenzione, cessione non significa necessariamente licenziamento o peggioramento delle condizioni di lavoro, ma la storia delle esternalizzazioni in Italia non lascia presagire nulla di buono, quindi in attesa di ulteriori informazioni è quantomeno necessario che i lavoratori coinvolti in questo tipo di operazioni abbiano consapevolezza dei propri diritti (qui il “Manuale informativo sulle esternalizzazioni”, una breve guida per i lavoratori).

Anzitutto, va detto che le cessioni devono essere sempre precedute da una fase obbligatoria di informazione sindacale, poiché ai sensi dell’art. 47 della l. n. 428/1990 le aziende hanno l’obbligo di comunicare ai sindacati i dati essenziali della cessione (società acquirente, numero dei dipendenti coinvolti, sedi di lavoro impattate, ecc.). Dopo tale fase può aprirsi una eventuale consultazione tra azienda e sindacati per il cosiddetto “accordo di armonizzazione”, che non blocca la cessione ma è finalizzato a regolamentare i diritti di fonte collettiva partendo da quelli in essere presso la cedente. L’armonizzazione è piuttosto semplice se il contratto collettivo resta il medesimo.

Si badi bene però che il sindacato non ha alcun potere di validare o invalidare la cessione, e il lavoratore non può in via preventiva opporsi alla cessione, che resta una scelta esclusiva della società cedente. Il rovescio della medaglia è che ai sensi dell’art. 2112 c.c. i lavoratori possono successivamente decidere di ricorrere in giudizio qualora ritengano che l’operazione sia illegittima, e nel caso di esito favorevole hanno diritto a ritornare alle dipendenze della grande azienda.

Poco importa poi se la società acquirente nuova datrice di lavoro opera nello stesso gruppo societario della cedente, e questo per un motivo molto semplice: chi cede, nonostante controlli l’acquirente, non veste più i panni del datore di lavoro formale, e quindi non ha più alcuna responsabilità di tipo datoriale sui dipendenti ceduti.

Tra l’altro, la società controllante può successivamente cedere le quote di partecipazione della società dove sono stati canalizzati i lavoratori, determinando di fatto una loro fuoriuscita dal gruppo, e quindi dal perimetro della grande azienda.

Chi opera nel settore è ben consapevole di quanto il mondo del lavoro sia uno straordinario campo di indagine sulle dinamiche dei mercati e sul futuro dell’economia.

Insomma, cosa sta accadendo al settore delle telecomunicazioni? Che futuro attende i lavoratori che vi operano?

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