Prima la Consulta dà ragione a Matteo Renzi ed equipara e-mail e whatsapp alla “corrispondenza”, poi – di conseguenza – i pm chiedono al Senato la necessaria autorizzazione e oggi Palazzo Madama fa cerchio attorno a Renzi. Il Senato ha, infatti, respinto – come da previsione – la richiesta della procura di Firenze di sequestrare la corrispondenza elettronica del leader di Italia viva, nell’ambito del processo sui presunti finanziamenti illeciti alla Fondazione Open. A votare (per respingere la richiesta) sono stati in 112, contrari solo i 18 senatori del Movimento 5 stelle mentre 3 si sono astenuti.

A luglio del 2023 la Corte costituzionale aveva accolto il conflitto di attribuzione sollevato dal Senato nei confronti della Procura di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell’acquisizione di corrispondenza del senatore Matteo Renzi in violazione dell’articolo 68, terzo comma, della Costituzione. In virtù di questa norma, “senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto (…) a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”. La Consulta ha dichiarato che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e Whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi. E pertanto ha annullato il sequestro di quelle conversazioni disposto sullo smartphone dell’imprenditore Vincenzo Ugo Manes.

Due mesi dopo i pm fiorentini hanno chiesto al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare mail e chat. Ma la Giunta del Senato ha votato contro la richiesta e lo stesso ha fatto anche l’Aula. Quelle chat non saranno utilizzabili nel processo sulla fondazione. Lo stesso aveva deciso la Camera – meno di un mese fa – sulle mail e delle chat Whatsapp dei deputati renziani Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi, nonché di Luca Lotti, onorevole all’epoca dei fatti.

“Qualsiasi cosa voi decidiate, onorevoli senatori, non cambierà niente, perché, al termine della votazione, io depositerò il testo degli sms oggetto della contestazione, anche ove voi votiate, come credo logico e naturale, per respingere l’autorizzazione”, ha detto in Aula Renzi intervenendo nella discussione prima del voto. “Se questo vi sembra un atto di sfida nei confronti dei pm – ha proseguito -, sappiate che è esattamente così, nel senso che, ritenendo questo processo una farsa senza precedenti, io, una volta che il Parlamento avrà posto la parola fine a questa storia dicendo che non c’è diritto di violare l’articolo 68 della Costituzione, comunque prenderò questi quattro messaggi WhatsApp e li metterò agli atti. Ciò affinché nessuno possa dire un domani che questo processo finisce per la mancata autorizzazione. Questo processo finisce perché non doveva neanche iniziare, ma è una vicenda che mi vedo io a parte. Non vengo a mettervi in campo le discussioni che riguardano la dinamica processuale, sappiatelo per votare in piena libertà”, ha concluso.

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