Torino ha tracciato la strada: uno sciopero nazionale dell’auto non è più un tabù. La ritrovata unità sindacale attorno ai tagli di Stellantis e alle balbuzie del governo Meloni nel fronteggiare i segnali di disimpegno del duo Elkann-Tavares potrebbero presto trovare una forma, replicando su larga scala l’astensione dal lavoro del comparto piemontese, lo scorso 12 aprile, per chiedere un rilancio di Mirafiori.

I metalmeccanici erano stati chiari: “Se viene giù Torino, viene giù tutto”. Le mosse dell’ex Fiat nelle settimane successive sono state un segnale che ha surriscaldato il clima: cassa integrazione prolungata, contratto di solidarietà fino ad agosto, produzione ferma per tutto il mese di maggio. Il tris ha fatto crescere il malcontento e i timori in tutti gli stabilimenti, da Pomigliano a Melfi passando per Cassino.

Ora è la Uilm a prendere una posizione netta. Trascorsi ormai tre mesi dalla richiesta avanzata con Fiom e Fim alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni affinché convochi l’ad di Stellantis Carlos Tavares, il coordinamento nazionale del sindacato dentro Stellantis ha reiterato l’appello alla premier: “Bisogna dare un seguito concreto al tavolo automotive aperto al ministero delle Imprese e del Made in Italy che finora non ha dato nessuna risposta e i vertici aziendali devono fare completa chiarezza sui programmi produttivi per il nostro Paese, indicando investimenti e tempistiche”. Senza una risposta urgente, ecco la proposta: “Proporremo lo sciopero nazionale del settore automotive alle organizzazioni sindacali con cui ci siamo già mobilitati unitariamente”.

Al di là della crisi di Mirafiori dettata dagli ordinativi ai minimi della 500 elettrica, Stellantis non ha ancora fornito dettagli sui cinque modelli elettrici annunciati a Melfi mentre Cassino regge le proprie fortune sulla produzione di Stelvio e Giulia, mentre si assemblano – spiegano fonti sindacali – appena sei Grecale elettrica al giorno. I timori riguardano anche l’indotto, strettamente connesso alle commesse di Stellantis, in particolare a Melfi.

“Anche l’arrivo di un eventuale secondo produttore – evidenziano i metalmeccanici della Uil – potrebbe essere positivo solo qualora si aggiungesse a un consolidamento e a un rilancio di Stellantis e non certo se arrivasse in sua sostituzione totale o parziale, come sembra adombrare lo stesso governo”. Un divorzio da Stellantis “sarebbe una sciagura per i 40mila lavoratori diretti e le decine di migliaia dell’indotto”, sottolinea la Uilm chiedendo al governo e all’azienda di “assumersi le loro responsabilità nell’interesse dei lavoratori e della economia nazionale”.

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