Antony Blinken si schiera, almeno a parole, in prima fila per una pace in Ucraina. Il segretario di Stato americano, al termine del suo tour che lo ha visto arrivare prima in Cina e poi in Medio Oriente, parlando con il presidente del World Economic Forum, Borge Brende, a Riyad, secondo quanto riporta Radio Liberty, ha teso la mano verso Vladimir Putin: “Non appena la Russia dimostrerà di voler sinceramente negoziare, noi saremo sicuramente lì e credo che anche gli ucraini saranno lì”, ha dichiarato il capo della diplomazia dell’amministrazione Biden.

Resta da capire quali siano le condizioni di partenza pensate da Washington. In questo momento momento la Russia avanza molto lentamente, ma costantemente, in territorio ucraino e il prossimo mese, a detta degli stessi vertici militari di Kiev, rischia di essere complicato per l’esercito fedele a Volodymyr Zelensky. Gli aiuti americani sono stati sbloccati da poco e devono ancora essere messi a disposizione, mentre la penuria di uomini da mandare al fronte inizia a essere un problema tangibile. Così, l’armata di Vladimir Putin rischia di sfondare in diversi punti del fronte. Secondo il think tank ISW, finanziato dall’industria delle armi che riceve appalti dal Dipartimento della Difesa americano, le forze di Mosca hanno l’opportunità di scegliere tra molteplici direzioni tattiche per le loro future azioni offensive vicino ad Avdiivka, il villaggio conquistato mesi fa nella regione del Donetsk, ma non è chiaro dove concentreranno i loro sforzi nel prossimo futuro. Secondo gli esperti, i soldati di Putin hanno due scelte: continuare a spingersi a ovest verso l’obiettivo operativo dichiarato a Pokrovsk, oppure provare a spingersi a nord per condurre possibili ulteriori operazioni offensive intorno a Chasiv Yar. Lunedì si sono assicurati ulteriori guadagni tattici marginali a nord-ovest e sud-ovest di Avdiivka.

Una situazione che potrebbe tenere Putin lontano da un tavolo dei negoziati in questo momento, nel tentativo di capitalizzare il più possibile la superiorità militare e numerica della quale gode soprattutto in questo momento. Per questo l’offerta avanzata da Blinken deve prevedere necessariamente delle concessioni. Se nelle sue parole si vuol però trovare un primo passo in avanti, certamente è quello della disponibilità di Kiev a trattare. La fine della guerra, ha continuato, “dipende in gran parte da Vladimir Putin e da ciò che deciderà. Spero che capisca il messaggio e dimostri la propria disponibilità a negoziati sinceri in conformità con i principi fondamentali che sono alla base della comunità internazionale e della Carta delle Nazioni Unite: sovranità, integrità territoriale, indipendenza“.

Secondo il segretario di Stato americano, l’aggressione della Russia si è trasformata in un fiasco strategico per Mosca che ha dovuto compiere enormi sforzi per eludere i controlli e le sanzioni sulle esportazioni ed è stata costretta a riorientare la propria economia: una situazione che non può essere sostenuta a lungo termine, dice. A suo parere, il Paese adesso è più debole economicamente e militarmente, mentre gli ucraini sono uniti “come mai prima d’ora” e “la Nato è più forte e più grande”. L’Europa nel frattempo “si è liberata della dipendenza dalle risorse energetiche russe in modo straordinario in soli due anni. Tutto ciò, a mio avviso, rappresenta un enorme fallimento strategico per la Russia”.

Resta da capire se questa lettura rispecchi totalmente la realtà e se soprattutto sia condivisa da Mosca. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, rimane invece convinto che l’epilogo di questo conflitto debba arrivare solo con una “pace giusta“, che tradotto vuol dire una pace giusta per gli ucraini. Ma stando alle ultime dichiarazioni di Zelensky, non ci sarà pace fino a quando tutti i territori del Donbass e la Crimea non saranno di nuovo controllati da Kiev. Il primo obiettivo strategico dell’Italia alla guida del G7, ha detto Tajani in un’intervista al Corriere della Sera, “è la pace, una pace giusta in Ucraina con il ritiro dei russi dai territori occupati”.

Tornando sul campo, non si fermano comunque i raid di Kiev sulle postazioni russe. Raid che potrebbero aumentare nelle prossime settimane con le nuove spedizioni di missili a lungo raggio ATACMS, capaci di colpire oltre i confini con la Federazione. Secondo alcuni canali Telegram che monitorano l’evoluzione del conflitto, nella notte i residenti hanno riferito di esplosioni a Simferopoli, Gvardeysky e Dzhankoy, nella penisola di Crimea. Per questo le autorità russe hanno chiuso il ponte di Crimea per circa un’ora.

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