“L’uomo è l’unico essere senziente, non ce ne sono altri”. Se vi sembra una frase pronunciata nel Settecento, prima della nascita della moderna biologia – e dell’etologia – siete fuori strada. Se invece ritenete sia la dichiarazione di una persona specista, beh, fuochino: ci siete quasi.

Sono le parole del nostro ministro all’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, pronunciate a un incontro di FdI lo scorso 27 aprile. Sono parole antiscientifiche, almeno da quando Charles Darwin pubblicò nel 1859 L’origine della specie (e in Italia, pensate, si combatteva la battaglia di Solferino e San Martino: episodi storici sui quali i nostri patrioti sono senz’altro ferrati) e da quando, tredici anni dopo, pubblicò L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali. Da allora, in più di un secolo e mezzo, si sono succeduti centinaia di studi scientifici che dimostrano che no, l’uomo non è l’unico essere senziente. Ma che tutti gli animali lo sono. Possibile che Lollobrigida ignori più di 150 anni di storia (e di scienza)?

Le sue parole, naturalmente, sono anche immorali per chi, tra le regole della propria moralità, ha scelto di rispettare i principi dell’antispecismo.

Oggi sappiamo che gli elefanti africani hanno più neuroni di noi e che gli altri mammiferi hanno la nostra stessa struttura del cervello. Non solo: “Pesci, uccelli e insetti hanno meno neuroni, e non possiedono una corteccia cerebrale, ma i loro cervelli sembrano capaci di assolvere parecchie funzioni analoghe. Ormai sappiamo che pappagalli e polpi hanno intelligenze sviluppate, e non possiamo più permetterci di giudicare gli animali a seconda della vicinanza genetica con noi” (Henry Mance, Amare gli animali).

Se poi vogliamo allargare il ragionamento: gli animali sono in grado di fare un mucchio di cose meglio di noi. E se fossero in grado di avere esperienze ed emozioni più intense delle nostre? Non lo sappiamo, certo. Ma è un limite delle nostre conoscenze.

Dunque, per rispondere alla domanda di prima: possibile che Lollobrigida ignori tutto ciò? La mia risposta è che, al di là delle sue convinzioni personali, il ministro abbia mandato – e mandi, quasi sempre – un messaggio tanto ai propri elettori quanto alle lobby che lo sostengono (e che pretendono da lui un certo modo di fare le cose).

Lollobrigida viene da una famiglia di cacciatori, è tesserato (ancorché, da quanto mi risulta, non pratichi) e da quando è stato nominato ministro lavora per assecondare le richieste delle doppiette: lo ha fatto quando c’era da mettere a punto la legge di Bilancio del 2022 (che ha modificato l’articolo 19 della legge sulla caccia, la 157/92, aprendo alla possibilità di sparare in aree protette e in aree urbane a, potenzialmente, qualsiasi specie); lo ha fatto creando il Comitato tecnico faunistico-venatorio in contrapposizione all’attività di Ispra; lo ha fatto quando c’era da opporsi alla direttiva Ue sull’uso del piombo nelle munizioni (vicenda per la quale è stata aperta una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia) e, ovviamente, lo sta facendo con l’appoggio alla proposta di legge della Lega, attualmente in discussione in commissione Agricoltura alla Camera, di liberalizzazione della caccia.

E il suo impegno non si esaurisce qui: si è opposto alla carne coltivata con una legge (rimediando una figura non esattamente da statista), ha difeso a più riprese gli allevamenti intensivi, ha dichiarato che la pesca a strascico, tutto sommato, non fa poi così male e che “sarebbe sbagliato collegare il declino degli impollinatori all’uso dei pesticidi”.

E se vi sembra che il nostro ministro ignori l’articolo 9 della Costituzione su cui ha giurato (“La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”) e l’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Ue (“l’Unione e gli Stati membri devono, poiché gli animali sono esseri senzienti, porre attenzione totale alle necessità degli animali”) diciamo che sì, è una sensazione fondata. Ma io resto convinto che conosca a menadito, da buon patriota, fatti e accadimenti della seconda guerra d’indipendenza italiana. Compresa la battaglia di Solferino e San Martino.

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