L’Snpa, Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente formato dalla rete delle agenzie ambientali (Arpa-Appa-Ispra), ha recentemente pubblicato la Relazione tecnica relativa agli esiti delle attività di vigilanza e controllo effettuate nel periodo 2019-2022 presso 1.104 impianti di gestione dei rifiuti.

Tali attività hanno fatto emergere una percentuale di impianti regolarmente conformi alle norme pari a meno della metà del totale (45,7%), mentre ammontano a 600 (54,3%) gli impianti di gestione dei rifiuti nei quali sono state riscontrate delle irregolarità: di queste, ben 488 riguardavano violazioni di natura penale, mentre nei restanti casi si trattava di violazioni amministrative.

Per quanto riguarda la situazione in regione Lombardia, il quadro che emerge è particolarmente preoccupante: su 159 impianti controllati, quelli risultati non conformi sono risultati pari al 67% e le irregolarità più importanti, di natura penale, hanno interessato ben 91 attività.

In sostanza: aumentano i controlli e gli strumenti di indagine ma, parallelamente, aumentano in modo significativo i reati ambientali di rilevanza penale che vedono la Lombardia occupare, a livello nazionale e in virtù del volume d’affari generato sul territorio regionale, un ruolo di crocevia strategico della criminalità ambientale. Lo dicono i dati elaborati da Snpa e opportunamente ripresi da Legambiente nell’ultimo Rapporto Ecomafia: nel corso del decennio 2012-2022, le inchieste sul ciclo illegale dei rifiuti connesse al delitto di “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, ai sensi dell’art. 452 quaterdecies del Codice Penale che coinvolgono la Lombardia, sono 137 (62 coordinate da Procure della Repubblica lombarde e 75 avviate da altre Procure della Repubblica italiane), equivalenti a quasi il 25% del totale delle inchieste su scala nazionale.

Diverse di queste inchieste sul traffico illecito di rifiuti coinvolgono imprese collegate alla criminalità organizzata che, soprattutto in Lombardia, significa ‘ndrangheta. Dall’ultima Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, nella parte specificamente dedicata alla criminalità organizzata calabrese (“Analisi del fenomeno e profili evolutivi”) apprendiamo che “Le inchieste ad oggi concluse hanno, infatti, permesso di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta, 1 in Emilia Romagna ed 1 in Trentino Alto Adige”.

Nella regione Lombardia, la principale struttura organizzativa (“camera di controllo”) denominata appunto “la Lombardia” e sovraordinata ai locali presenti nella regione e in collegamento con la casa madre reggina. Nella regione risultano operativi 25 locali di ‘ndrangheta nelle province di Milano (locali di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico Buccinasco, Pioltello, Rho, Solaro, Legnano), Como (locali di Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco-Cermenate), Monza-Brianza (locali di Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (locali di Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locali di Pavia e Voghera) e Varese (Lonate Pozzolo). Quando parliamo di traffico illecito di rifiuti parliamo anche, anzi soprattutto, del ciclo del cemento e delle attività connesse (movimento terra, trasporto, trattamento, smaltimento e riutilizzo di materiali inerti) e di tutto quanto compone la rete della cosiddetta ”economia circolare” nell’ambito dell’edilizia e della manutenzione urbana.

Attenzione però: le inchieste confermano, ancora una volta, le parole pronunciate tempo fa dal Sostituto Procuratore Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Roberto Pennisi: “Si rileva la tendenza del traffico illecito dei rifiuti a configurarsi come ‘Delitto di Impresa’ e non come Delitto di Mafia”. Piu precisamente: in Lombardia e nel nord è ormai stabilmente inserita nel tessuto economico e sociale (con relazioni talvolta anche nelle amministrazioni locali) una criminalità organizzata di origine calabrese che agisce ormai con profili e modalità più imprenditoriali che “mafiose” in senso tradizionale; l’obiettivo è “riciclare e ripulire” il denaro proveniente da attività illecite, immettendolo nel circuito dell’economia legale attraverso una distorsione del mercato: cioè offrendo servizi e opere (in subappalto) a prezzi bassissimi, decisamente fuori mercato e decisamente attraenti per le “imprese pulite” della cosiddetta “economia legale”.

Come ha ricordato in Consiglio comunale di Milano la coordinatrice della Dda milanese Alessandra Dolci, “mai come adesso bisogna scegliere da che parte stare… Nella nostra esperienza in otto casi su dieci è l’imprenditore che cerca i servizi del mafioso perché è un modo semplice per alterare le regole del mercato, e perché i mafiosi risolvono veramente qualunque problema… La partita più grande, sicuramente, Milano la gioca sui grandi cantieri che si realizzeranno grazie alla cascata di fondi in arrivo con il Pnrr e la sfida olimpica. Siamo pronti? Ci rendiamo conto del pericolo che corriamo di mettere i soldi pubblici nelle tasche delle famiglie mafiose?”.

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