Il fine settimana è stato animato dalla discussione sulle parole di un’opinion leader, si presenta così su Instagram, secondo cui le donne “bevono vino per darsi un tono”, non si sentono “mai all’altezza”, e non dovrebbero “mai bere da sole in casa”. Gli altri ospiti in studio sono tutti uomini. Nessun produttore, nessuno che lavori la terra, neanche in collegamento. Alla fatidica domanda sulle donne che diventano protagoniste del mondo del vino, “come produttrici”, la signora, che aveva quindi oltretutto ricevuto un assist per parlare di donne, lavoro, competenza, decide di spostare la risposta sull’inadeguatezza femminile: “C’è dentro di noi una specie di sentimento, – dice – che temo sia genetico: noi non ci sentiamo quasi mai all’altezza… […] le donne spesso bevono come prima si fumava una sigaretta, cioè bevono per darsi un tono”.

Che donne frequenta?, mi chiedo. Se dice questa frase, come primo e unico commento in risposta al tema donne e vino, in un contesto in cui è l’unica donna a parlare sull’argomento, probabilmente sarà circondata da ‘donne che bevono per darsi un tono’, le avrà viste ubriacarsi in casa da sole nella speranza di sentirsi – prima o poi – all’altezza. O, forse, le sono semplicemente venute in mente un paio di conoscenti, e qui è il dramma: se l’argomento non è il tuo, generalizzi con quel poco che conosci sulla materia, facendo danni. E questo ormai succede troppo spesso.

Proprio mentre scrivo, sola in un bar di Milano, con un bicchiere di vino davanti (già, ma sono al bar, quindi forse posso?) apro i social (errore, lo so) e vedo scorrere una video-riposta di giornaliste, enotecarie e produttrici che ho più spesso visto con le mani sporche di terra e uva che ben rassettate a darsi toni in giro. “Se ci sono donne che si sentono inadeguate – fanno notare – non è certo per caratteristiche genetiche o per un sentimento innato che va compensato con fumo e vino, ma per una chiara e inequivocabile responsabilità sociale e sistemica. Parliamo di questo”.

Perché, appunto, dentro le possibili tragedie del bere per darsi un tono e del senso di inadeguatezza ci sono quelle superiori di fare una qualsiasi azione per darsi un tono, per farsi riconoscere, accettare, sentirsi all’altezza. La dichiarazione precedente della stessa opinion leader è una sorta di giustificazione delle dichiarazioni infelici che seguiranno: “Siccome siamo tutti molto angosciati… la gioia pensiamo spesso sia qualcosa da trovare fuori di noi quando invece deve stare dentro di noi, vorrei dire che il vino non è uno psicanalista…il vino deve essere anzi uno strumento di lucidità, tu bevi il vino per godere quel bouquet, quel momento”.

Rifletto sul significato di vino come cultura (da còlere, coltivare), ovvero mezzo di formazione dell’io, di conoscenza, ma anche arte e morale, creato in questo senso necessariamente da mani artigiane che tengano a mente l’importanza del senso della propria creazione; e del vino come prodotto agricolo, espressione di una terra. Ed è vero: se hai gioia dentro di te riesci a goderti i momenti, riesci a goderti un bicchiere di vino per quella bellezza che è, a cercare, ad approfondire, a scoprire, a studiare, a godere della bellezza e della conoscenza. Se ne ha, di bellezza, di cultura, perché si parla sempre di vino come prodotto culturale ma non tutti i vini prodotti sono cultura.

È per questa ragione, per fortuna, che molte donne producono o vendono o bevono un bicchiere di vino.

Penso anche al potere immenso della natura, salvifico e pericoloso allo stesso tempo*, di allontanare dalle sovrastrutture, dai toni, dall’illusione di controllare tutto. Potere che chi più sta nella natura, meglio può comprendere e gestire. Continuiamo a sentire persone che parlano di natura, o di salute mentale, mentre affogano in un sistema sociale ultra-competitivo che ti tiene costantemente in dubbio, che ti sollecita ad esprimerti pubblicamente su tutto, non so quanto consapevoli di contribuire in modo importante alla creazione di ansie e angosce.

“Se il servizio pubblico vuole organizzare un dibattito serio e utile – scrivono le produttrici nel video – inizino con l’invitare le donne che lo conoscono davvero. […] Siamo all’altezza, sempre”. E molto più lucide quando non affette da questa angoscia mortale di voler sempre e comunque partecipare alla festa.

*E basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco rampicante, a farmi puro
di storia come un verme, come un monaco […]
Il mondo mi sfugge, ancora, non so dominarlo
più, mi sfugge, ah, un’altra volta è un altro…

Altre mode, altri idoli,
la massa, non il popolo, la massa
decisa a farsi corrompere
al mondo ora si affaccia,
e lo trasforma, a ogni schermo, a ogni video
si abbevera, orda pura che irrompe
con pura avidità, informe
desiderio di partecipare alla festa.

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