Non solo presunte omissioni da parte dei vertici, il “sistema” di violenze sui detenuti del carcere minorile Beccaria di Milano potrebbe essere stato volutamente ignorato anche dalle altre figure presenti nella struttura. L’inchiesta della procura di Milano sulle ipotizzate torture passa anche da “ulteriori approfondimenti” su “referti medici e relazioni cliniche” acquisite sulle aggressioni denunciate da alcuni minorenni. “Pestaggi di gruppo – scrivono le pm titolari dell’inchiesta -, organizzati in luoghi isolati e privi di telecamere, senza alcun immediato e attuale atto di resistenza da contenere”. Anche se alcune telecamere all’interno dell’istituto hanno ripreso scene che poi sono risultate di riscontro alle ipotesi del pool di inquirenti.

Il pestaggio con zero giorni di prognosi – Per la procura “è necessario eseguire una serie di audizioni di appartenenti al personale medico-sanitario, di educatori e di altre persone informate sui fatti citate dalle persone offese” per spazzare via l’ipotesi di un muro di omertà. In più intercettazioni telefoniche tra due agenti in cui si parla di un pestaggio – in due “colpiscono reiteratamente il ragazzo e lo lanciano contro il muro, continuano a colpirlo anche quando lo stesso è evidentemente inerme e semi incosciente” – emerge “chiaramente la loro intenzione di insabbiare le condotte violente mediante la redazione di relazioni di servizio in cui descrivere una situazione completamente diversa rispetto a quanto ripreso dalle telecamere”.

Nel dialogo, si legge in un’integrazione alla richiesta di misura cautelare, “vi sono numerosi commenti sull’inopportunità di recarsi in pronto soccorso per non peggiorare la loro situazione, anche perché il detenuto, visitato dai medici dell’Ipm, aveva riportato zero giorni di prognosi e sulla necessità che anche il collega scrivesse una relazione in cui affermare che il detenuto non era stato affatto picchiato, così da rafforzare la loro posizione”. Di fronte alla possibilità da parte di uno degli agenti (arrestato) di produrre un referto medico ‘pilotato’, il collega (sospeso) lo dissuade “dichiarando che sarebbe stato evidentemente poco credibile, anche ‘per un giudice’, una certificazione con lesioni per agli agenti e una prognosi di zero giorni per il detenuto descritto con un fisico gracile“.

L’aggressione fermata da altri agenti – Tra gli agenti della Polizia penitenziaria in servizio al Beccaria c’era anche chi non ha coperto, non è stato zitto ma ha fatto rapporto quando si è trovato di fronte a comportamenti illegali. Sono circa le 9.35 del mattino del 19 marzo, dopo una lite fra detenuti, un giovane dal “fisico gracile” viene prelevato da tre agenti dalla scuola, sbattuto “contro il cancello del piano”, “trascinato sul pavimento“, lanciato “contro il muro” e preso con un “calcio in faccia” mentre è “a terra inerme” e “in stato di semi-incoscienza”. Un sovrintendente capo e un vice sovrintendente del corpo sentono “le urla provenire dall’ufficio del capoposto“. Entrano e fermano l’aggressione. Il primo scrive una “relazione” sui fatti. “Ci dovremmo preoccupare più di questo coglionazzo che ci ha scritto”, dicono al telefono due degli agenti coinvolti. “Ma quello io ‘l’apparo’ (sistemo, ndr) con l’educatore e il sindacato. Quello io proprio l’apparo. Non è un problema”. Uno dei poliziotti coinvolti pensa invece di risolvere il ‘problema’ producendo un “referto medico ‘pilotato’ con “una certificazione” di “lesioni per agli agenti” e “una prognosi di zero giorni per il detenuto”. “Cioè prognosi zero un mingherlino del tanto – gli ribatte un terzo -. Pure un giudice dice ‘ma come cazzo è questo? Venti chili bagnato gli ha procurato dieci giorni di prognosi?”.

Il capo della giustizia minorile – “Un’operazione come questa lascia strascichi dolorosi, a me interessa molto il profilo della restaurazione della legalità e della dignità umana e credo che il Dipartimento, e quindi il governo, abbia fatto tutto ciò che doveva, se si vogliono vedere le cose con obiettività – ha spiegato ai cronisti Antonio Sangermano, Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, dopo aver incontrato in Procura a Milano le pm titolari dell’inchiesta – La situazione la stiamo affrontando – ha chiarito Sangermano, che ieri ha incontrato anche il personale, i vertici e i minori detenuti al Beccaria – le criticità ci sono, però è ingiusto dire, forse addirittura è mistificatorio sostenere che non sono state affrontate“. Sangermano ha anche ribadito che, come documentato negli atti dell’indagine, il Dipartimento giustizia minorile ha presentato denunce sulle situazioni che emergevano al Beccaria e che quindi “noi abbiamo la coscienza a posto”. E ha spiegato ancora che, dopo gli arresti e le sospensioni di 21 agenti in totale, “abbiamo già mandato una squadra di pronto intervento di 14 unità iper-professionalizzate” e altre saranno mandate al Beccaria, attraverso il Dap. Si punta anche a “restaurare quei corsi per la iper-specializzazione della Polizia penitenziaria” che deve occuparsi di minori detenuti.

La visita nella struttura – Uno dei problemi del Beccaria, ha spiegato Sangermano, ex pm a Milano, sono stati i “continui andirivieni” negli anni di “comandanti e direttori e noi abbiamo posto fine a questo con la nomina di un direttore in via definitiva e di una comandante” di Polizia penitenziaria. Il magistrato ha raccontato di aver avuto ieri un “incontro molto intenso” con i detenuti. “Sono 82, in gran parte stranieri, con specificità di disagi“, ha chiarito e per questo bisogna “implementare il ruolo di psicologi e mediatori”, mettendo mano in generale ad una serie di “criticità risalenti, persistenti e croniche”. Ci sono “troppi ragazzi con dipendenze e disagi psichici che dovrebbero stare in comunità”. In un anno, ossia da quando Sangermano si è insediato, “abbiamo fatto tanto”, è stata deliberata l’apertura per questi ragazzi con dipendenze e disagi psichici di “tre comunità, una a Milano, una a Caserta e una a Roma”. E ora “cercheremo – ha aggiunto – di implementare al massimo i tempi” per l’apertura. A chi gli ha chiesto dell’impatto del cosiddetto “Ddl Caivano”, Sangermano ha risposto: “Ognuno può fare critiche, ma alcune sono ingenerose, perché ha consegnato strumenti ai magistrati e se i giudici applicano le misure è perché ce n’è bisogno, sono strumenti messi a disposizione della magistratura minorile”.

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