Frank Wigglesworth Clarke, chi era costui? Una persona seria. Chimico e geologo assieme, è considerato il padre della geochimica poiché svelò la composizione della crosta terrestre. Nel 1901 fondò la American Chemical Society, insegnò in varie università, diresse la sezione chimica del U.S. Geological Survey. Prima di questo racconto, lo conoscevo per i suoi importanti contributi alla statistica applicata.

Clarke era certamente uno scienziato vero, celebre anche in Europa. E un uomo spiritoso. Nel 1891, pubblicò sulla rivista satirica americana per eccellenza, che all’epoca era Life, un poemetto dal titolo “The Rhyme of the Rain Machine”: La Filastrocca della Macchina della Pioggia. Narra la storia dei tre fratelli Jones, agricoltori messi in crisi dalla siccità. Il trio, messo in ginocchio dalla secca e assolutamente disperato per l’aridità dei propri campi, decide di investire gli ultimi risparmi nella Macchina della Pioggia, un moderno ordigno capace di innescare le agogniate precipitazioni. Qui inizia la vicenda, una storia divertente ma amara che piacerebbe molto a un mattiniero comico di Radio 24.

Clarke usò l’arma dell’ironia perché seccato con il governo federale che aveva finanziato al sedicente Generale Dyrenforth una originale spedizione scientifica in Texas. Dotato di una bella provvista di polvere da sparo e potenti esplosivi, il generale poté armare fucili e cannoni da puntare contro il cielo nella speranza di innescare una pioggia copiosa. Soldi sprecati. Ed erano molti soldi per l’epoca, quando la ricerca scientifica era assai meno finanziata di oggi.

La manipolazione meteo non era una novità. Uno dei padri della meteorologia moderna, James Pollard Espy, era stato battezzato the Storm King dai contemporanei. Verso la metà del secolo XIX, il Re delle Tempeste aveva teorizzato la possibilità di influire sulle meteore diffondendo nell’aria del pulviscolo che avrebbero funzionato da nuclei di condensazione. Prendeva spunto dall’esito della famosa battaglia di Waterloo, persa da Napoleone a causa delle piogge torrenziali che molti ritennero innescate dai fumi della battaglia.

Nel volume The Philosophy of Storms (Boston: Little & Brown, 1840) Espy aveva proposto una brillante teoria sulla fisica dei temporali, acclamata tuttora dal mondo scientifico. Ma era anche una persona pratica. Per contrastare la scarsità di precipitazioni che aveva colpito il paese a metà ‘800, aveva proposto di appiccare un enorme incendio doloso lungo l’intera catena appalachiana. Il particolato, una volta diffuso in atmosfera, avrebbe facilitato la pioggia. Non se ne fece nulla, per buona sorte di Chip’n’Dale, vulgo Cip e Ciop. Ma la trovata avrebbe anche potuto funzionare, con una prece per le foreste appalachiane.

Sparare verso il cielo per alterare l’assetto meteorologico si può quindi fare. Magari si potrebbe usare il laser al posto di fucili e cannoni o delle caldaie che i fuochisti utilizzano tuttora sul tetto del mondo (Figura 1). È una aspirazione antica, testimoniata dalle superstizioni dei Goti (vedi Figura 2).

(Figura 1)

(Figura 2)

Nel secondo volume della Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini, scritta per lui medesimo, in Firenze, l’impetuoso scultore fiorentino racconta di aver “acconciato parecchi pezzi di artiglieria grossi, invero quella parte dove i nugoli erano più ristretti. Ed essendo di già cominciata a piovere un’acqua grossissima, ed io cominciato a sparare queste artiglierie, si fermò la pioggia. E alle quattro volte si mostrò il sole”.

Cellini aveva contributo in modo decisivo a “salvare più di mille scudi di danno” in una occasione solenne: l’entrata in Roma di Margarita d’Austria, duchessa di Firenze. Era il 3 novembre 1538, quando la promessa sposa del 15enne nipote del Papa entrò trionfalmente in città, vestita di nero (Figura 3).

(Figura 3)

Come molti autorevoli idro-meteorologi hanno sentenziato in questi giorni, è impossibile — allo stato delle conoscenze scientifiche — che una pioggia torrenziale come quella di Dubai sia stata innescata dal cloud seeding. Probabile che nessuno di loro abbia mai affrontato seriamente la manipolazione meteo — argomento scientifico tabù da più di un secolo per gli accademici — ma la fisica non mente e hanno certamente ragione. Concordo pienamente con loro.

L’inseminazione dell’aria con sostanze in grado di innescare le precipitazioni ha un limitato potere. Come osservato da Ryan Maue del Nooa (National Oceanic and Atmospheric Administration) se fosse “accaduto a causa del cloud seeding, avrebbe piovuto per tutto il tempo. Non è possibile creare la pioggia dal nulla di per sé e produrre 15 centimetri di acqua al suolo”. Una tale quantità d’acqua ha bisogno di una colonna nuvolosa spessissima, impossibile da creare con le tecniche di inseminazione finora note.

L’uomo può controllare il tempo meteorologico su base scientifica? A Dubai e in altri paesi desertici ci hanno certamente provato. Il cloud seeding lo usano da tempo, così come in Texas, con risultati non particolarmente brillanti (Figura 4). In virtù della loro ricchezza, gli Emirati Arabi possono anche sperimentare altre tecnologie, magari immateriali, giacché impestare il terreno di sali d’argento potrebbe avere impatti negativi. E girano voci, assolutamente campate in aria, che in passato abbiano già cercato di farlo, così come gli strateghi di alcune delle guerre più recenti.

(Figura 4)

Chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui potrebbe chiedersi che fine fecero i bravi fratelli Jeremy, Jonathan e Joseph Jones. Puntarono al cielo fiduciosi la Macchina della Pioggia appena comprata con tanti sacrifici e fecero fuoco a volontà. Purtroppo, si scatenò la stessa Apocalisse sperimentata a Dubai, come potrà verificare chi guarderà il video di YouTube che ho linkato, dove il geniale poemetto viene interpretato nella giusta chiave country.

Fu il povero Jeremy, al quale era venuta la brillante idea, ad avere la peggio; assieme alla sua fattoria, un tempo fiorente, che fu trasformata in un lago melmoso. E solo una ordinanza federale fu capace di fermare la pioggia! Già allora il potere di ordinanza, tanto caro ai cultori dell’emergenza italiota, era lo strumento supremo.

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