È di pochi giorni fa la notizia della drammatica alluvione che ha colpito martedì 16 aprile gli Emirati Arabi Uniti, in particolare Dubai e il suo importante aeroporto, il secondo al mondo per traffico aereo. Una zona normalmente siccitosa per la presenza del deserto. Secondo fonti governative è la peggiore alluvione in 75 anni: in 24 ore sono caduti sulla città oltre 142 millimetri d’acqua, quando in media se ne registrano 95 in un anno. È andata peggio in altre città, con 250 mm (le piogge di due anni). La perturbazione ha proseguito poi la sua corsa a est, verso l’Oman (dove ha causato 18 morti), l’Iran meridionale e il Pakistan. Da molte parti è sorto il dubbio che dietro il disastro ci siano gli effetti del “cloud seeding”.

Cloud seeding assolto – La cosiddetta inseminazione artificiale delle nuvole per causare le piogge viene sperimentata da decenni e sfruttata anche negli EAU, che per il proprio approvvigionamento idrico si basano soprattutto sulla desalinizzazione e quindi dell’acqua hanno molto bisogno. Ma davvero spruzzare con un aereo goccioline di ioduro d’argento o di ghiaccio secco su qualche nuvola può bastare per devastare mezzo Medio Oriente? Lo nega recisamente Giulio Betti, climatologo e meteorologo presso il centro Lamma Toscana e il CNR di Sesto Fiorentino. “Nei giorni scorsi si è creata una particolare configurazione meteo anomala (detta a omega) su una vasta area, che va dagli Emirati Arabi Uniti all’Iran e all’Iraq. Si è trattato di un vortice strutturato in quota con dentro aria fredda, grande migliaia e migliaia di kmq, che occupava più stati”, spiega l’esperto. Un evento rarissimo e temibile, che già era stato preannunciato nei modelli meteorologici, anche se poi ha superato le aspettative. Data l’ampia presenza di nuvole, non era necessario causare la pioggia artificiale con il cloud seeding. In più, questa pratica ha un’azione su piccola scala, non può avere una portata tanto estesa e arrivare a colpire nazioni lontane che non l’hanno effettuata. “L’efficacia di questa tecnica, di cui non si conoscono i reali costi e benefici, non è mai stata comprovata’”. Insomma, forse nemmeno funziona, e di certo non è in grado di scatenare alluvioni a distanza.

Cambiamento climatico – Assolta l’inseminazione artificiale, rimane da capire il ruolo del riscaldamento climatico. Che, avverte la scienza ormai da anni, è davvero in grado di intensificare le piogge. Secondo gli autori di uno studio tedesco pubblicato nel 2023 sul Journal of Climate, i modelli climatici sottostimerebbero addirittura il forte impatto. “L’intensità e la frequenza delle forti precipitazioni estreme stanno aumentando esponenzialmente con ogni incremento del riscaldamento globale”. Non è una buona notizia per nessuno, ma le cose potrebbero essere anche peggio per gli EAU. Lo afferma un recente studio pubblicato a gennaio su Scientific Reports, secondo cui se il riscaldamento globale prosegue (e purtroppo non c’è ragione di pensare che si interrompa), entro fine secolo le precipitazioni annue potrebbero aumentare di circa il 30% in tutta l’area. Ciò detto, Betti avverte che la configurazione meteo dei giorni scorsi non è associabile direttamente al cambiamento climatico: “Non va dimenticato che eventi estremi sono rari, ma non insoliti nella zona, e che per esempio l’Oman è soggetto a cicloni tropicali”. Di certo, un ruolo ce l’hanno la forte umidità e le temperature più elevate di aria e mare. Le acque del Golfo Persico, più calde della norma, hanno infatti innescato un lungo susseguirsi di violente cellule temporalesche, ben visibili dalle immagini satellitari. “Con simili condizioni, dobbiamo mettere nel conto il ripetersi di eventi come questi”, conclude l’esperto.

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