La luce della seconda stella, il buio di un futuro ignoto. Una squadra così solida, granitica sul campo, tanto dominare la Serie A e schiantare tutte le avversarie già a febbraio. E fuori una proprietà così fragile, ormai quasi evanescente, che non si sa dov’è e se ci sarà. Vincere navigando fra i debiti, i sacrifici sul mercato, le voci societarie. Lo scudetto dell’Inter è anche e soprattutto il titolo delle contraddizioni. Il paradosso finale del nostro calcio: oggi i campioni d’Italia sono una squadra senza padrone. Un cavallo scosso, che continua a correre per abitudine, ed è comunque più veloce di tutti.

A voler essere più corretti, l’Inter una guida ce l’ha, anzi due: Simone Inzaghi in panchina, Beppe Marotta in società, gli artefici di questo scudetto e della storica seconda stella nerazzurra. Aver vinto senza una proprietà alle spalle, se possibile, aumenta i loro meriti. Nasconde il problema, però non lo cancella. L’Inter è una squadra orfana, ancora in mano a chi probabilmente non se la può più permettere. Suning, il colosso cinese che doveva esplodere la sua potenza economica nel calcio europeo, è caduto in disgrazia e non si sa in quali condizioni versi realmente in patria. Steven Zhang, che aveva preso in mano il club come un giocattolo, alla stregua delle auto di lusso che ama sfoggiare, non mette piede a Milano da mesi e non ci sarà nemmeno per la festa, alimentando i dubbi, i sospetti, anche le facili ironie di chi sostiene che non possa farlo per i suoi guai con la giustizia (è inseguito dai creditori, che vorrebbero che l’Inter gli assegnasse uno stipendio per pignorarglielo). Soprattutto, nessuno sa chi ci sarà in futuro, non fra un anno, ma fra un solo mese, quando scadrà il famoso prestito da 275 milioni di euro (diventati circa 385 con gli interessi), che ha in pegno le azioni del club. Quasi surreale giocare in queste condizioni, figuriamoci vincere.

Negli ultimi giorni il rebus sembra andare verso una composizione, con la restituzione del prestito ad Oaktree, grazie ad un nuovo finanziamento col fondo americano Pimco, stavolta da 400 milioni per tre anni. Significherebbe rimandare il problema, non risolverlo. Questa situazione di incertezza, destinata dunque a proseguire, è stata anche utilizzata contro l’Inter, per gettare un’ombra sulle sue vittorie e contestarne la legittimità, solo parzialmente a ragione. Se è vero che la situazione societaria è anomala, è giusto anche puntualizzare che il problema riguarda soprattutto Zhang e solo indirettamente il club. Che, depurata del prestito di Oaktree (formalmente grava sulla holding Grand Tower e non sull’Inter), l’esposizione debitoria non è poi troppo diversa da quella di altre squadre, come la Juventus per intenderci, con la differenza che qui non sembra più esserci una proprietà in grado di farsi carico delle perdite (e non è cosa da poco). E che comunque la società negli ultimi anni ha operato sul mercato in regime di totale autosufficienza: la tesi che l’Inter abbia speso soldi che non ha, insomma, regge fino a un certo punto. Forse bisognerebbe solo ammettere che è stata semplicemente più brava degli altri, senza però con questo farne un esempio.

Resta da capire cosa voglia dire tutto ciò per i nerazzurri e più in generale per il calcio italiano. Negli ultimi anni la Serie A aveva premiato il progetto migliore: nel 2022 il Milan e le sua politica societaria chiara, moderna, riconoscibile; nel 2023 il Napoli, il trionfo dello scouting di De Laurentiis e Giuntoli affidato alle mani di Spalletti. Oggi si impone l’Inter, che non è un modello, al massimo una filosofia di vita: l’arte del tirare a campare, rimandare a domani le scelte che farebbe male prendere oggi. Una ricetta che ha funzionato meglio degli altri grazie alle capacità manageriali di Marotta e a quelle tattiche di Simone Inzaghi. Una macchina perfetta, che forse dà persino l’illusione di poter continuare a girare da sola in eterno, ma inevitabilmente salterebbe per aria al primo ingranaggio inceppato. Con un parametro zero sbagliato sul mercato per sostituire l’ennesima cessione di lusso, un’annata storta, una mancata qualificazione in Champions, cosa succederebbe alla squadra campione d’Italia che ha centinaia di milioni di debiti alle spalle e una proprietà che non sembra più in grado di ripianarli? La festa dell’Inter per la seconda stella sarà sfrenata, e l’Inter fa bene a godersela. Finché dura.

Twitter: @lVendemiale

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Beppe Marotta: “Lo scudetto dell’Inter è nato dal dolore per la finale di Champions”. La carriera, il colpo più bello, la pensione “forse” nel 2027 – Intervista esclusiva

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Inter campione d’Italia, il godimento per la seconda stella e l’ombra di un futuro incerto: la storia infinita delle contraddizioni nerazzurre

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