La scelta di ridurre lo sfalcio dell’erba in diverse aree verdi del Comune di Milano – come proposto da tempo da varie associazioni e ambientalisti, incluso me – rappresenta un passaggio di grande importanza che, credo non casualmente, avviene subito dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la legittimità della scelta deliberata dalla Giunta nel 2021: abbandonare l’affidamento della manutenzione del verde a privati mediante bando triennale, per riprendere direttamente in carico (“in house”, come si dice) la manutenzione del verde pubblico urbano, affidandola per i prossimi decenni alla controllata MM. Una scelta importante, in controtendenza rispetto a quanto avvenuto negli ultimi decenni, che restituisce al Comune un ruolo centrale nella gestione del verde cittadino e dell’ecosistema urbano.

In questo quadro generale, la scelta di avviare anche a Milano ciò che da tempo avviene in altre città d’Italia e d’Europa, ovvero il metodo dello “sfalcio ridotto” nella gestione del verde urbano, rappresenta una svolta importante e molto impegnativa che – è bene esserne consapevoli – implica un cambiamento radicale di metodi e prassi seguite da decenni.

Su circa 22 milioni di mq di verde urbano, sono state individuate 54 località per complessivi 1,3 milioni di mq di superficie da destinare allo sfalcio ridotto: si tratta di porzioni di aree interne ai parchi, spazi verdi di quartiere, corridoi verdi lungo strade e piazze.

I benefici ambientali dello “sfalcio ridotto” sono noti: viene protetto maggiormente il suolo e l’ambiente urbano dalle radiazioni solari e dal conseguente aumento delle temperature, soprattutto in estate; le erbe alte nelle ore notturne favoriscono la condensazione dell’umidità atmosferica, raffrescando l’ambiente e riducendo la necessità di innaffiamento; crescendo e arrivando in fioritura, queste erbe alte nutrono e favoriscono la crescita degli insetti pronubi, come le api, che trasportano il polline da un fiore all’altro permettendo l’impollinazione e la conseguente formazione del frutto, arricchendo la biodiversità dell’ecosistema urbano.

Tutto bene dunque? Certo, ma è bene sapere che l’esito finale dell’iniziativa dipende dalla capacità di avviare un sistema di cura del verde radicalmente diverso da quello seguito finora.

Fino ad oggi la manutenzione del verde urbano (affidata via bando ogni tre anni a consorzi di operatori privati, non esistendo in Italia una singola impresa dimensionalmente in grado di farsi carico della gestione di 22 milioni di mq di verde) ha seguito un unico parametro operativo contrattualmente definito (a parte le potature arboree): il numero di tagli d’erba da eseguire ogni anno. Ovunque, in modo uniforme: si fa una programmazione dei tagli, ogni impresa del consorzio ha la propria zona operativa di riferimento, si procede al taglio dell’erba, e poi si mettono a riposo i macchinari in attesa della successiva scadenza.

La politica dello sfalcio ridotto ribalta alla radice – è il caso di dirlo – questa impostazione. Perché il verde, la qualità del terreno, gli ambiti urbani non sono tutti identici, omogenei: hanno caratteristiche e bisogni diversi. Questo significa conoscenza e cura del verde urbano in modo differenziato e specifico. E questo implica che anche il taglio deve essere differenziato. Perché se sbagli il periodo del taglio (che può andar bene in alcuni spazi verdi, ma non in tutti), comprometti il sistema. Soprattutto in estate, la stagione più critica: dopo il taglio di fine maggio, in base all’andamento stagionale estivo e alle precipitazioni e alle temperature, si decide se fare o meno un altro taglio. Dove farlo, quando farlo.

Questo significa attivare un sistema di gestione del verde di qualità e intensità superiore, che con il sistema di appalti privati triennali era semplicemente impensabile, e che ora deve diventare il perno del nuovo modello: individuare per i diversi ambiti urbani (divisi per municipi, o per estensione di aree) un responsabile della manutenzione col ruolo di osservatore e programmatore degli interventi, per consentire una gestione differenziata del verde in base alle caratteristiche locali. Significa per il Comune, via MM, avere referenti sul territorio in grado di curare nel tempo i diversi ambiti del verde urbano, accumulare conoscenze specifiche, intervenire localmente, modificare, adattare gli interventi necessari. Predisponendo anche una serie di interventi necessari ad evitare possibili ricadute negative dello “sfalcio ridotto”.

Due esempi. L’erba parietaria è una pianta officinale che ha grandi qualità depurative per l’apparato renale, ma il cui polline può provocare, in alcuni soggetti, asma, congiuntiviti e riniti; cresce soprattutto nelle zone marginali e abbandonate, nelle cavità e fessure, fra le pietre: anche in questo caso, la cura e manutenzione del territorio è fondamentale. Così come è fondamentale mantenere curata e a taglio basso l’erba lungo i percorsi pedonali nel verde per evitare il rischio forasacchi per i cani al guinzaglio.

In conclusione: se qualcuno pensava che la scelta dello sfalcio ridotto portasse ad una riduzione complessiva di impegni e oneri manutentivi, si è sbagliato di grosso. Lo sfalcio ridotto significa un aumento della qualità, dell’impegno e della “differenziazione operativa” nel servizio di manutenzione ordinaria del verde; diversamente l’iniziativa sarebbe destinata al fallimento.

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