Il consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza in versione ultra slim. Ossia senza indicare quali saranno i tagli alla spesa e le misure correttive che il governo sarà obbligato ad adottare se vuole mantenere i conti pubblici entro i limiti prescritti da Bruxelles. Manca dunque il quadro programmatico, ovvero come dovrebbero cambiare le cifre in seguito agli interventi del governo. L’esecutivo si giustifica con la scelta di attendere le indicazioni di Bruxelles sulle procedure per deficit eccessivo. Più verosimilmente, l’imminente scadenza elettorale suggerisca di non mettere nero su bianche misure difficili da digerire per l’elettorato. Guardiamo dunque alle poche cifre. Il Prodotto interno lordo per il 2024 è indicato all’1%, una stima piuttosto ottimistica se si considerano che le previsioni di Banca d’Italia, Fmi e Commissione Ue oscillano tra lo 0,6 e lo 0,7%. Nel 2025 è prevista un’accelerazione all’1,2% a cui seguirebbe un 2026 a + 1,1% e una frenata nel 2027 allo 0,9%. Sono cifre scritte sull’acqua vista l’imperscrutabilità di ciò che potrà accadere da qui a tre anni soprattutto in un contesto geopolitico estremamente incerto.

Quest’anno il deficit dovrebbe attestarsi al 4,3% del Pil, ossia, di nuovo, ben al di sopra del limite europeo del 3%. Soglia che sarà sforata anche nel 2025 (3,7%) e centrata solo nel 2026 (3%) per poi scendere al 2,2% l’anno successivo. Il dato del 2024 coincide con la stima programmatica della Nadef (presentata lo scorso autunno, ndr), ma si discosta lievemente dai numeri indicati per gli anni successivi: per il 2025 la Nadef fissava l’asticella del deficit al 3,6% e per il 2026 al 2,9%. Con queste cifre il debito è inesorabilmente destinato ad aumentare nel suo rapporto con il Pil. Quest’anno sarà al 137,8%, per poi salire al 138,9% nel 2025 e al 139,8% nel 2026. Il debito inverte quindi la rotta rispetto al sentiero di discesa indicato nella Nadef, anche alla luce del dato del 2023 chiuso, in base ai dati Istat con un calo deciso, al 137,3% del Pil.

Il governo dà la colpa del peggioramento dei conti al superbonus, il cui costo è salito a 122 miliardi di euro. La misura ha però anche dato qualche spinta al Pil, aiutando quindi a ridimensionare il rapporto deficit-debito/pil. Palazzo Chigi spera che il taglio dei tassi della Bce (uno è dato quasi per certo a giugno) riduca un po’ il costo degli interessi sui titoli di Stato e conta sui proventi delle privatizzazioni per allentare un po’ i vincoli entro cui impostare delle politiche economiche. Quel che è certo è che non andiamo incontro ad un periodo di vacche grasse mentre il governo ha bisogno di tanti soldi per rinnovare misure come il taglio al cuneo fiscale. “La decontribuzione che scade nel 2024, intendiamo assolutamente replicarla nel 2025, questo è il vero obiettivo che ci poniamo quando andremo a definire il Programma strutturale”, ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in conferenza stampa dopo il cdm.

“Le nostre previsioni sono viste in ribasso rispetto alla Nadef per la crescita, passiamo a una previsione dell’1% in diminuzione dello 0,2% rispetto a quanto previsto l’anno scorso”, ha spiegato Giorgetti illustrando il Def . Si tratta di “previsioni assai complicate da fare per un quadro di carattere internazionale e geopolitico complicato”. “Continua ad andare bene anche l’occupazione, prevediamo un tasso di disoccupazione in costante diminuzione“.

“Ovviamente al ministero stiamo pensando come si possa ulteriormente andare in direzione dei tagli di spesa. Non auspicavamo il disastro del superbonus anche se credo di averlo evocato in questa sede diverse volte. Questo complica il quadro, onestamente“, ha poi ammesso il ministro. Sono “assolutamente favorevole” a vendere immobili pubblici, “bisogna trovare quelli che li comperano ad un prezzo in qualche modo giusto, equo e remunerativo. Stiamo lavorando in questo senso, è chiaro che buona parte del patrimonio pubblico che generava reddito è già stato alienato in altra epoca. Voglio riportare esattamente gli obiettivi programmatici della Nadef, la proiezione del 2025 e 2026: se necessario interverremo ulteriormente sul decreto legge oggi all’esame Parlamento”, ha detto ancora ministro dell’Economia, rispondendo a chi gli domandava se per mantenere il percorso di deficit rifinanziare la decontribuzione ci sarà un nuovo intervento sul superbonus.

“Per l’anno in corso sarà applicato un regime transitorio“, fanno sapere fonti del governo, che prevede la presentazione del Piano fiscale strutturale alla Commissione europea “entro il 20 settembre”. Il ministro ha poi puntualizzato che “il termine per la presentazione del nuovo Def, il programma strutturale fiscale, è stabilito per il 20 settembre, ma è nostra volontà presentarlo anche prima, quando saranno disponibili tutti gli elementi, a partire dalla traiettoria tecnica” prevista per la “metà del mese giugno dalla Ue”. “La mancanza del programmatico è un fatto non nuovo, verificatosi già in 4 precedenti”, ha inoltre detto. “Questo Def tiene conto delle decisioni, della rivoluzione delle regole bilancio fiscali in sede europea. Mancano le disposizioni attuative, le istruzioni per costruzione il percorso“, ha ricordato.

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