Il 25 marzo scorso è arrivata sul nostro pianeta una forte tempesta magnetica, classificata di classe G4 su una scala di intensità il cui massimo è G5 (il brillamento solare responsabile è stato classificato come X1.1: tale classificazione è spiegata nel seguito). Fortunatamente non ha causato particolari danni, ma ha prodotto soltanto spettacolari aurore boreali a latitudini inusualmente basse. Tali eventi sono causati dai brillamenti solari (o flare), potenti eruzioni di energia superiore a milioni o decine di milioni delle più potenti bombe atomiche.

Questi imponenti flussi ad alta energia sono composti da plasma, costituito essenzialmente da protoni, elettroni e, in piccola parte, particelle alfa. Essi generano forti perturbazioni del cosiddetto ‘vento solare’, in termini di variazioni di velocità e direzione ed interagiscono, perturbandolo, con il campo magnetico terrestre. Essi possono causare notevoli disturbi nelle comunicazioni radio, danni ai satelliti ed alle infrastrutture elettriche, e possono costituire un pericolo per le navi spaziali al di fuori della magnetosfera terrestre. Le onde d’urto risultanti possono viaggiare a velocità anche superiori a 2000 km/s (1/150 della velocità della luce). I brillamenti solari causano anche le aurore boreali ed australi.

Questi fenomeni furono osservati e studiati per la prima volta nel 1859 dall’astronomo Richard Cristopher Carrington: il 1° settembre di quell’anno avvenne infatti un brillamento tra i più potenti mai osservati, che causò forti disturbi alla neonata tecnologia del telegrafo (con un black-out totale di circa 14 ore), in varie parti del mondo, e causò un’aurora boreale visibile anche a latitudini inusuali, ad esempio a Roma. La frequenza dei brillamenti solari varia da circa uno a settimana, nei periodi di minore attività solare, fino a diversi eventi al giorno, nei periodi di maggiore attività.

La loro potenza è classificata in cinque classi: A, B, C, M, X; ognuna di tali classi è a sua volta suddivisa linearmente in 9 gradi (es: A1, A2… A9), che possono presentare anche una cifra decimale (esempio: A1.3, X1.1, ecc.). Ogni classe, a parità di grado, ha una potenza 10 volte superiore a quella precedente (ad esempio, la potenza di eventi di classe B2 è 10 volte maggiore di quelli di classe A2), ed ogni grado successivo rappresenta una potenza maggiore di quello precedente in scala lineare: ad esempio, un M8 avrà una potenza doppia di un M4.

Per la classe di potenza maggiore, ossia X, il grado può superare anche di molto X9: ad esempio, il brillamento di maggiore potenza che è stato possibile misurare, quindi in epoca recente, è avvenuto il 4 novembre 2003, con una potenza classificata tra X28 ed X45 (c’è una accesa discussione scientifica nella classificazione tra le due classi, per quest’evento). Brillamenti di tale potenza sono molto rari, e comunque gli effetti che essi possono produrre sulla Terra dipendono dalla direzione: l’effetto è massimo per brillamenti in cui la direzione del vento solare punta direttamente verso la Terra.

L’effetto dei brillamenti più rari in assoluto, chiamati ‘super-brillamenti’, può essere catastrofico: tutti i satelliti (ad esempio i GPS) posti sulla traiettoria del vento solare verrebbero irrimediabilmente danneggiati, causando un blackout dei sistemi di posizionamento (ad esempio i navigatori), di Internet, delle telecomunicazioni, ecc. Tutte le infrastrutture elettriche avrebbero danni e blackout, gli aerei rimarrebbero privi di comunicazione e di assistenza da terra. Anche gli elettrodomestici staccati dalla corrente risulterebbero poi inutilizzabili, come anche le auto, i mezzi pubblici e i nostri smartphone. Sarebbero a grave rischio i portatori di peacemaker e le persone che in generale, per sopravvivere, sono collegate a macchinari: gli ospedali sarebbero in grave crisi.

Ci sarebbe poi da considerare una totale assenza di forniture primarie, come gas e acqua. Senza corrente non funzionerebbe assolutamente nulla e anche eventuali aiuti umanitari potrebbero tardare ad arrivare. E tutti questi problemi non durerebbero certo per il tempo limitato di passaggio del flare (ossia poche ore): per riparare gli ingenti e diffusi danni e ripristinare una situazione di normalità passerebbero mesi, anni; un lungo arco di tempo in cui ci troveremmo improvvisamente catapultati indietro di alcuni secoli.

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