“Non sarebbe un’invasione della privacy ma solo un modo per consentire ai Comuni di riscuotere in maniera più efficace i propri crediti senza sprecare tempo e risorse umane”. Alessandro Canelli, sindaco leghista di Novara e presidente della fondazione Ifel dell’Anci, che assiste i sindaci sui temi della finanza locale, non ha dubbi: l’Agenzia delle Entrate deve battere un colpo e attuare la norma del 2020 che consente agli enti locali di avere accesso ai dati dell’anagrafe dei conti correnti. Perché dall’efficacia della riscossione dipende ora più che mai la tenuta dei bilanci dei Comuni, alle prese con uscite gonfiate dall’inflazione e dai rinnovi contrattuali. Quindi è urgente che nella “cassetta degli attrezzi” a disposizione dei funzionari entri uno strumento che consenta di sapere se sui conti di chi non paga Imu e Tari ci sono cifre sufficienti per coprire il debito, in modo da procedere con i pignoramenti solo se ne vale la pena.

Consapevole che, almeno a parole, la linea del Carroccio su questi argomenti oscilla tra l’estrema cautela e il rifiuto di misure potenzialmente invasive per i contribuenti, Canelli pesa le parole: “Comprendiamo i timori. Per questo non abbiamo mai chiesto che a tutti i 7.800 Comuni siano fornite credenziali di accesso per consultare l’archivio dei rapporti finanziari: già nel 2021, ai tavoli tecnici, abbiamo proposto un sistema “cieco”, sicuro sotto il profilo della privacy. Ci accontenteremmo di inviare alle Entrate una lista di debitori certificata dai nostri funzionari e dovrebbe essere poi l’Agenzia a fare le verifiche e dirci dove il contribuente ha il conto e se questo è capiente“. È una necessità, spiega, perché le difficoltà finanziarie degli enti locali stanno diventando sempre più pressanti e l’unica strada per evitare dissesti è aumentare il livello della riscossione, che “soprattutto nelle grandi città e in molte aree del Sud è troppo basso”.

Anche dall’Anci fanno sapere che la fase del confronto è ormai superata: la palla è da tempo nel campo dell’Agenza guidata da Ernesto Maria Ruffini, che deve mettere a punto una soluzione tecnica per dare accesso a quelle informazioni con una procedura rapida e gratuita. Poi andrà interpellato il Garante della Privacy, a cui la questione è nota visto che già nell’estate 2022 l’associazione del Comuni – non avendo ricevuto riscontri dall’amministrazione finanziaria – ha scritto all’autorità riassumendo la propria proposta e sottolineando l’urgenza di procedere perché “l’accesso ai dati è fattore critico per un’efficace gestione della riscossione locale e quest’ultima è, a sua volta, premessa indispensabile per la buona tenuta dei bilanci degli enti in un quadro complessivo di equità fiscale“.

Alessandro Santoro, ex presidente della commissione che scrive la relazione annuale con le stime sull’evasione fiscale e contributiva, avverte dal canto suo che non è “solo” un problema di bilanci: “Bisogna tener presente che la riscossione è una parte fondamentale della lotta all’evasione“, chiarisce. “Se non funziona, cioè la probabilità di riscuotere ogni euro accertato è bassissima, anche l’azione di controllo diventa non credibile”.

La norma del 2020 avrebbe dovuto quindi chiudere il cerchio e rafforzare la deterrenza, anche a livello locale. Fino a quando rimarrà inattuata, le armi degli enti interessati a riscuotere saranno spuntate: dovranno continuare a seguire un percorso a ostacoli che prevede – come per i creditori privati – una richiesta di autorizzazione al Tribunale o alla Corte di Appello con relativi costi economici, sproporzionati rispetto a debiti che nella maggior parte dei casi ammontano a poche centinaia di euro. Per non parlare del costo-opportunità di impiegare a quei fini dei funzionari che potrebbero invece dedicarsi agli accertamenti, cioè la fase “bonaria” che precede la riscossione coattiva e punta a prevenire l’evasione.

Per rendere più efficiente il ciclo della riscossione, conclude Canelli, anche quella fase va rafforzata: “Occorre consentire ai Comuni di investire sul personale, perché anche negli enti che per la parte coattiva si rivolgono a società esterne le prime fasi vengono gestite internamente. E sarebbe opportuno legare l’aumento degli incassi a minori obblighi di accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, quello in cui vanno “congelate” somme pari alla media delle entrate non riscosse negli ultimi 5 anni”. La dimensione di quel fondo è quindi direttamente collegata alla capacità di riscuotere. Al Sud e nelle Isole il 40% dei piccoli Comuni (tra 1000 e 5mila abitanti) ha dovuto accantonare somme superiori al 120% della media nazionale. Tra i grandi Comuni del Centro e del Mezzogiorno, il 100% fa i conti con accantonamenti molto sopra la media.

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