Dall’autopsia sul corpo di Giulia Tramontano, la 29enne incinta di 7 mesi uccisa il 27 maggio con 37 coltellate, era già emerso che la vittima veniva avvelenata da mesi. Nell’ultimo mese di vita della giovane donna “sembra esserci stato un aumento” della somministrazione di bromadiolone, cioè un veleno per topi che, se assunto in dosi elevate, può portare alla morte “per emorragia”. È stato il tossicologo Mauro Minoli, sentito come testimone davanti alla Corte di Assise di Milano nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello imputato per l’omicidio, a riferirlo in aula.
Secondo l’accusa, l’ex barman – a cui sono contestate quattro aggravanti – avrebbe tentato di avvelenarla prima delle coltellate. Per l’esperto “è impossibile dire quanto tempo è trascorso dalla prima somministrazione”. Di certo, però, l’assunzione è risultata essere avvenuta “nell’arco di almeno due mesi e mezzo”.

Rispondendo alle domande del pm Alessia Menegazzo, il tossicologo ha spiegato che il topicida “ha un sapore amaro”, non percepito dai roditori ma indispensabile per impedire che venga ingerito accidentalmente dall’uomo. Tra gli effetti collaterali del veleno, poi, vi è anche il “mal di stomaco“, in quanto la sostanza può causare “piccole emorragie a livello gastrico”. Stando a quanto emerso dalle indagini, già nel dicembre del 2022 Giulia si lamentava in chat del mal di stomaco e, a quanto testimoniato anche nella scorsa udienza dalla sorella Chiara, “Giulia diceva che tutto quello che mangiava aveva un sapore assurdo”.

La 29enne è comunque morta “a causa di una massiva emorragia acuta” provocata da “lesioni vascolari cervico-toraciche” inflitte con un’arma da taglio come ha spiegato il medico legale Nicola Galante. La 29enne, come è stato sottolineato davanti alla Corte di Assise di Milano, è stata uccisa con 37 coltellate e “la morte del feto è successiva alla morte della madre, determinata da una insufficienza vascolare provocata dall’emorragia materna”.

Secondo l’altro medico legale Andrea Gentilomo sul corpo della donna, colpita dall’ex barman nella loro abitazione a Senago, nel Milanese, non vi erano “lesioni da difesa” e “l’impressione” è che la 29enne sia stata colpita “alle spalle”. Le coltellate sono state sferrate a “destra e sinistra” sia “posteriormente che anteriormente” in varie parti del corpo. Di certo “nessuna ferita è presente sugli avambracci”, se non alcuni segni “prodotti dopo la morte”, al contrario di quanto raccontato dal 30enne, imputato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza involontaria, nei primi interrogatori, quando ha dichiarato che Tramontano avrebbe cominciato a “tagliarsi” durante una lite. La data della morte risale ad “almeno 48 ore” prima del ritrovamento e fino a “5 giorni” prima, ha spiegato Galante. Per i consulenti della Procura di Milano è stato difficile essere più precisi perché “il cadavere è stato incendiato” impedendo di datare con certezza il decesso con la metodologia che prevede la misurazione della temperatura.

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