Il 2 aprile 2024, alle ore 23:58 (tempo universale o UTC, equivalente all’ora del meridiano di Greenwich) è avvenuto un terremoto di magnitudo 7.4 al largo dell’isola di Taiwan, a circa 20 km dalla città di Hualien e ad una profondità di circa 34 km (secondo l’USGS; l’INGV riporta una profondità di 15 km). Questa è una zona tettonicamente molto complessa, essendo all’incrocio di tre placche tettoniche: quella Euroasiatica, quella delle Filippine e quella della Sonda. Gli sforzi nella crosta terrestre, dovuti al moto di queste tre zolle, sono di tipo compressivo, infatti il meccanismo focale del terremoto indica una faglia cosiddetta ‘inversa’, ossia con un sovrascorrimento di un piano di faglia sull’altro a causa della compressione.

La dimensione della faglia che ha prodotto il terremoto è di circa 60 km x 35 km. La faglia è orientata NE-SW, ed è localizzata vicino al confine tra la placca Euroasiatica e quella del Mar delle Filippine, all’interno della placca Euroasiatica. La velocità relativa tra le due zolle, Eurasia e Mar delle Filippine, è una tra le più alte al mondo con quasi 8 cm/anno, infatti in quest’area sono avvenuti molti terremoti di magnitudo maggiore di 7. Negli ultimi 50 anni, ne sono avvenuti sei entro 250 km dall’epicentro del 2 aprile, il più forte dei quali (terremoto di Chi-Chi del settembre 1999) di magnitudo 7.7. Quel terremoto, avvenuto a circa 60 km ad est del terremoto del 2 aprile, causò 2297 morti. Il terremoto più forte conosciuto in quest’area avvenne appena ad est dell’evento del 2 aprile, nel 1920, con magnitudo stimata di 8.2.

Il terremoto del 2 aprile 2024 è stato seguito dopo 13 minuti da un altro terremoto di magnitudo 6.5. Il bilancio delle vittime (a circa 36 ore dalla scossa principale) è di 9 morti e 1.050 feriti, 34 dispersi e con 101 persone ancora intrappolate negli edifici collassati. Essendo avvenuto in mare, il terremoto ha prodotto un’allerta tsunami, anche per il Giappone, poi fortunatamente rientrato (l’onda di tsunami c’è stata, come misurata a vari mareografi anche in Giappone, ma molto bassa e dunque soltanto strumentale, non in grado di produrre danni).

Malgrado l’ovvio cordoglio per le vittime, dobbiamo comunque di nuovo notare come il numero di esse sia estremamente contenuto, se rapportato alla violenza del sisma. Infatti, ricordando che ogni grado in più di magnitudo corrisponde ad un salto di energia di circa 33 volte, osserviamo ad esempio che questo terremoto è oltre 33 volte più energetico di quello di L’Aquila del 2009, che fece però 309 morti e 1600 feriti. Ancora una volta, quindi, devo sottolineare quanto ancora possiamo migliorare, nel nostro paese, la qualità delle costruzioni in modo da difenderci dai terremoti almeno allo stesso livello degli altri paesi con il nostro stesso grado di sviluppo tecnologico ed economico.

Il terremoto di Taiwan, come tutti i terremoti medio-forti, è stato registrato da tutti i sismografi del mondo. Le registrazioni sismiche dei forti terremoti mondiali, oltre a produrre lutti e distruzioni, sono però anche una sorgente di informazioni preziose, insostituibili, sulla struttura interna del nostro pianeta. Infatti, essi rappresentano l’unico modo che ci ha permesso di conoscere come è fatto l’interno della Terra: l’insieme delle registrazioni, alle varie stazioni sismiche in tutto il mondo, di tutti i terremoti più forti, permette di ricostruire, negli ultimi decenni anche con tecniche sempre più sofisticate di ‘tomografia sismica’, la distribuzione delle velocità delle onde sismiche all’interno della Terra. Da queste, si possono ricavare le proprietà meccaniche e quindi la composizione delle varie zone.

Se oggi sappiamo, ad esempio, che mediamente la Terra è composta di una crosta di circa 40 km di spessore, del mantello per uno spessore di circa 2850 km, di un nucleo esterno liquido e uno interno solido, lo dobbiamo esclusivamente agli unici dati che possono fornirci tali informazioni: le onde sismiche dei forti terremoti, registrate a grandi distanze dalla sorgente. E negli ultimi decenni questi dati ci hanno permesso di ricavare dettagli sempre maggiori, rispetto al modello medio che conosciamo già da oltre un secolo. Oltre alle onde sismiche dei terremoti, noi non abbiamo alcun altro mezzo per conoscere come è fatta la struttura interna del nostro pianeta: le perforazioni, l’unico metodo diretto di indagine, arrivano oggi a non più di 12 km di profondità (pozzo di Kola, perforato in varie riprese dal 1970 al 1989), e nei prossimi decenni si ipotizza al massimo di arrivare a profondità intorno ai 20 km, ossia a circa metà della sola crosta superficiale; su uno spessore totale, fino al centro della Terra, di oltre 6350 km.

Per questo, ogni terremoto medio-forte che avviene nel mondo aggiunge di fatto qualcosa in più alla nostra conoscenza dell’interno della Terra, che progredisce sempre più in fretta anche grazie ai nostri sistemi di calcolo sempre più potenti.

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