I test psicoattitudinali per i magistrati? Non ho detto di non farli. Ho affermato che, se è così importante farli per il buon funzionamento della Pubblica amministrazione, facciamoli anche per coloro che hanno responsabilità più alte dei magistrati. Se ci preoccupiamo della salute psichica dei magistrati, preoccupiamoci anche di chi sta sopra o ha responsabilità enormi. Siamo disponibili sicuramente anche a controlli periodici, ma facciamolo per tutti“. Così ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan, su Radio 24, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ribadisce le dichiarazioni, da lui rese a margine di una conferenza stampa indetta in Procura la scorsa settimana, circa i test psicoattitudinali per l’accesso alla professione dei magistrati, test ai quali è stato dato il via da Palazzo Chigi il 26 marzo.

Le prove, che entreranno in vigore dal 2026, serviranno a valutare la personalità dei candidati e si ispirano al cosiddetto Minnesota test, consistente in 567 domande a cui bisogna rispondere “vero” o “falso”. Ed è proprio ad alcuni di questi quesiti che Gratteri si sottopone su richiesta del conduttore Alessandro Milan, premettendo ironicamente: “Sono pronto a rispondere. Anche all’alcoltest e al narcotest, altrettanto importanti per chi ha responsabilità più alte dei magistrati. Uno che fa uso di alcol e di cocaina che ragionamenti può fare? Immaginate un funzionario con ruolo apicale che è stato fotografato con una striscia di cocaina: può essere ricattabile e quindi può prendere decisioni dettate dal ricatto e non dalla sua volontà”.

Il procuratore risponde, quindi, ad alcune domande del test, come la 29 (‘A volte ho voglia di imprecare’) o la 36 (‘Ho la tosse per la maggior parte del tempo’) o la 37 (‘A volte mi viene voglia di fracassare qualcosa’). La sua risposta è sempre la stessa: no.
E aggiunge: “La verità è che dobbiamo cercare di essere più seri, più efficienti e più efficaci sulla questione giudiziaria, perché purtroppo ormai da decenni c’è un declino tale che stiamo diventando l’Africa del nord. Stiamo diventando molto marginali anche a livello europeo, nonostante prima avessimo una polizia giudiziaria che era leader del mondo per il contrasto alle mafie – spiega – e per le tecnologie adottate nelle indagini. Ora non più, non siamo più in grado di bucare le piattaforme usate dai narcotrafficanti, a differenza di altri paesi europei. E questi sono fatti, il resto sono chiacchiere“.
Poi entra nel merito delle domande del test: “Credetemi, io sono allenato nel controllare qualsiasi emozione. Da più di 30 anni mangio pane e veleno, figuratevi se posso temere questo test“.

Il magistrato sottolinea: “La verità è che stiamo discutendo di tutto, tranne di ciò che serve davvero per velocizzare i processi e per rendere qualitativamente migliore il sistema penale processuale e detentivo, soprattutto dalla riforma Cartabia in poi. Ad esempio, a costo zero si potrebbe fare il tribunale distrettuale o rivedere le piante organiche dei magistrati, ridurre più del 50% i magistrati fuori ruolo che anziché scrivere sentenze sono nei ministeri a fare i consulenti. Al ministero degli Esteri, per esempio, anziché un magistrato si potrebbe prendere un professore associato di Diritto Internazionale o Diritto Europeo”.

Gratteri, infine, ridimensiona quello che sulla stampa è stato definito “il caso Geolier”, in riferimento alla polemica esplosa a seguito di un suo intervento in un incontro con gli studenti all’IC Sogliano di Napoli, dove, rispondendo alla domanda di un genitore che gli chiedeva un parere sull’opportunità di invitare all’Università Federico II di Napoli cantanti che fanno bella mostra di armi nei loro video musicali, ha affermato: “Se molla anche l’università siamo alla fine“.
Il riferimento era, appunto, al rapper napoletano Geolier, di cui Gratteri non ha fatto il nome: il cantante, infatti, lo scorso 26 marzo è stato invitato dal rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito, a un incontro con gli studenti di Scampia.

Non ho mai fatto il nome di Geolier, non sono contro nessuno – precisa il magistrato, che ribadisce la sua denuncia in merito agli effetti negativi delle fiction di mafia sui bambini e sugli adolescenti – Se in un’ora di fiction c’è solo violenza e non ci sono 5 minuti in cui si vede un poliziotto, un magistrato o un insegnante, mi spiegate quel è il messaggio? E poi se il giorno dopo vedo il ragazzino di scuola che si veste o si muove o riporta le frasi del killer visto la sera prima in tv è di quello che io adulto mi devo preoccupare”.

E aggiunge: “È inutile strapparsi i capelli, andare in tv a fare i moralisti a parlare di legalità, di Falcone e Borsellino se poi avalliamo certi prodotti cinematografici. Io non mi sono affatto arrabbiato su Geolier. La storia è stata questa: un genitore mi ha chiesto cosa ne pensassi dell’università che invita un rapper che si fa vedere nei video su Tik Tok con pistole e mitra. Io ho risposto che era il peggio che si potesse pensare e che mi dispiaceva per l’università che mandava messaggi negativi, perché uno che si fa vedere con il mitra mentre canta a me pare un messaggio negativo. Poi i giornalisti hanno fatto il nome di Geolier ma io non sono contro nessuno”.

Quanto alla sua mancata partecipazione all’incontro con Geolier, dopo l’invito del rettore della Federico II Matteo Lorito, Gratteri puntualizza con una punta di sarcasmo: “Io non do legittimazione, decido io quando andare o non andare in un posto e nessuno mi invita attraverso un articolo di giornale. Se permettete, ho 66 anni e per caso faccio anche il procuratore di Napoli”.

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