La maternità? La mettiamo in freezer. Parliamo di una pratica sempre più diffusa, soprattutto negli Stati Uniti e in crescita anche in Italia. È il “social freezing”, significa prelevare i propri ovociti e metterli in una banca di gameti, ibernati nell’azoto liquido a meno 190 gradi, fino al giorno in cui si sceglierà di diventare madri. In altre parole, i tempi fisiologici naturali risultano sempre meno sincronizzati con le esigenze sociali delle donne alle prese con gli impegni di lavoro, la ricerca di una sicurezza economica e, soprattutto, affettiva che non sempre si presentano nei tempi giusti. Negli Usa è molto pubblicizzata da testimonial famose, come per esempio l’attrice Sienna Miller. Miller, che ha quarant’anni, ha già una figlia, Marlowe, di nove anni. La sua scelta di ricorrere al social freezing, ha dichiarato, è dovuta alla “biologia, che è crudele. Non ti consente di scegliere e io vorrei un altro figlio. A 30 anni però, tra carriera e corsa alla maternità su una donna ci sono troppe pressioni. Ora finalmente non dovrò più sentirle: è sparita quella minaccia esistenziale”.

La crioconservazione
Il social freezing è definito più tecnicamente “crioconservazione degli ovociti”. Una tecnica che consente di conservare in modo sicuro gli ovociti ed è richiesta dalle donne che per ragioni personali vogliono preservare la fertilità e avere una gravidanza più avanti nel tempo, quando possono verificarsi difficoltà nel concepimento naturale per riduzione della fertilità. Questa procedura è anche proposta alle donne che seguono una chemioterapia per un tumore o radioterapia della pelvi, o a causa di interventi invasivi che incideranno in modo irreversibile sulla capacità riproduttiva. Infine, è indicata anche in caso di menopausa precoce.

Come si effettua il social freezing
Per accedere a questo trattamento, si programma un colloquio in un centro specializzato per l’infertilità di coppia e la Procreazione medicalmente assistita (Pma). Si effettua quindi una valutazione della riserva ovarica con dosaggio ormonale ed ecografia trans vaginale. Dopo il prelievo degli ovociti, questi vengono congelati e conservati in azoto liquido alla temperatura di -196°C. La possibilità di gravidanza futura utilizzando gli ovociti crioconservati dipende dal numero e dalla qualità degli ovociti recuperati. In generale questi fattori sono dovuti all’età e alla riserva ovarica della paziente al momento della raccolta. L’eventuale presenza di patologie come il diabete o l’ipertensione arteriosa non preclude la possibilità di sottoporsi alle tecniche di procreazione assistita, ma sono condizioni che vanno attentamente monitorate.

I possibili rischi
Gli studi rilevano che i bambini nati con la tecnica del social freezing non presentano percentuali di anomalie congenite superiori a quelli di altri bambini nati con altre tecniche di Pma. Per quanto riguarda invece la salute dei bambini sul lungo periodo, sono necessari ulteriori studi. In ogni caso non bisogna sottovalutare i rischi per la donna legati a un reimpianto dell’embrione in età avanzata. Va ricordato soprattutto che “la fertilità femminile risulta massima tra i 20 e i 30 anni per poi tendere a declinare per arrivare circa al 5% intorno ai 40 anni e questo dato è rimasto invariato nel tempo, a dispetto del notevole incremento dell’aspettativa di vita”, spiega al FattoQuotidiano.it la dottoressa Marina Risi, specialista in Ostetricia e Ginecologia, esperta in Pnei e Medicina Integrata. Che sottolinea le ambiguità rappresentate dalla tecnologia applicata in questi ambiti: “La tecnologia ha proposto la soluzione: congelare gli ovuli per poi fecondarli solo quando la carriera si sarà stabilizzata, la casa pronta e la relazione affettiva collaudata. In questo contesto è facile cadere nella trappola di avversare la tecnica o di entusiasmarsi per la soluzione miracolosa. Solo due esempi per chiarire quanto possano essere diversi gli scenari che si aprono:

– usare la tecnica del freezing prima di iniziare un ciclo di chemioterapia o di radioterapia per una malattia oncologica;

– oppure accettare la proposta della grande azienda (vedi Google) che propone alle giovani dipendenti di attendere i 40 anni per una gravidanza, e ovviamente il congelamento lo paga l’azienda! La verità è che anche noi medici facciamo fatica a trovare un atteggiamento culturale e scientifico adeguato alle possibili applicazioni della tecnica del congelamento”.

L’età ideale per farla
Va sottolineato che l’età più indicata per crioconservare gli ovociti è entro i 35 anni, mentre l’accesso alla Pma è regolato su base regionale, con differenze notevoli rispetto all’età massima consentita. Inoltre, crioconservare i propri ovociti non offre la certezza di riuscire a concepire e procreare un figlio. Di fatto, secondo i dati più recenti con 24 ovociti si ha un un indice di successo di oltre il 90%, e dell’85,2% per 10-15 ovociti utilizzati, a condizione che questi siano stati prelevati e conservati prima dei 35 anni di età. In sintesi, anche di fronte a un certo numero di ovociti conservati, questi potrebbero non essere sufficienti per portare a termine una gravidanza.

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