Cresce l’allerta sull’aviaria negli Stati Uniti. Lo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, ha evidenziato in una ricerca la trasmissione dell’influenza H5N1 ad alta patogenicità fra “bovino e bovino e da bovino a pollame“. Il risultato del sequenziamento virale è stato presentato nel corso di un vertice tenutosi Oltreoceano e organizzato nei giorni scorsi da Dipartimento dell’agricoltura (Usda), dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e dalla Food and Drug Administration (Fda). “Sono inoltre confermati casi di bovini da latte asintomatici”, ma “con infezione da H5N1”, anche se “l’entità dei test non è chiara”, ha detto inoltre Topol.

L’emergenza aviaria nei bovini da latte desta preoccupazione negli Stati Uniti che, come riportato da Adnkronos, stanno adottando le misure necessarie affinché il virus non arrivi all’uomo, generando un’epidemia di influenza da H5N1: “Questo sembra molto improbabile. Ma quanto più il virus si diffonde incontrollato, tanto sono maggiori i serbatoi in cui può proliferare. Dunque è meglio pianificare lo scenario peggiore“. Secondo Topol il farmaco antivirale Tamiflu, con a base il principio attivo oseltamivir, “sarebbe efficace” per contrastare l’eventuale infezione nell’uomo. Ma resta calda la pista vaccini in caso di necessità. Dunque “se necessario gli Usa potrebbero dirottare la produzione annuale di vaccini antinfluenzali per fabbricare vaccini anti-H5N1 su larga scala”.

Al momento sono due “i vaccini candidati contro l’H5N1 che si concordano bene con la sequenza attuale” del virus e sfruttando la tecnologia dell’mRna “esiste la possibilità di aumentare la fornitura di vaccino” in caso di bisogno. Fino a qui l’unico essere umano infettato dall’aviaria nell’ambito dell’epidemia fra i bovini resta un lavoratore del settore lattiero-caseario in Texas. L’uomo si è contagiato per contatto diretto con gli animali e ha presentato come unico sintomo una congiuntivite. Quanto ai test di routine sui suini, osservati in quanto potrebbero rappresentare un ponte verso l’uomo per il virus, i risultati sono stati finora “negativi”.

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