È boom di casi di scabbia, una malattia pruriginosa e molto contagiosa, causata dall’acaro Sarcoptes scabiei homini’, un parassita che compie il suo intero ciclo vitale nell’epidermide umana e sopravvive per pochi giorni al di fuori di essa. È una malattia diffusa in tutto il mondo e – importante chiarirlo – senza differenze di etnie o classi sociali. Negli ultimi due anni c’è stato un incremento di casi del 30% all’Irccs, Ospedale Meyer di Firenze, dove è stata messa a punto una nuova terapia, riprendendo un rimedio del passato a base di zolfo. Attualmente nella struttura ospedaliera si registrano circa 2/3 nuovi casi, per un totale di più di 100 nuove diagnosi all’anno.

Più casi per la resistenza ai farmaci
La trasmissione avviene per contatto stretto e per questo si diffonde con grande facilità nei nuclei familiari e in ambienti comunitari. “Tengo a sottolineare che abbiamo avuto sempre casi di scabbia”, spiega al FattoQuotidiano.it il dottor Cesare Filippeschi, dermatologo del Meyer. “L’aumento dei casi è dovuto alla ripresa dei viaggi internazionali dopo il Covid e a un incremento della resistenza ai farmaci usati tradizionalmente per curare la scabbia: la permetrina e, negli ultimi anni, l’ivermectina per via orale”,

Dal passato al futuro
“Per quanto riguarda la permetrina, inizialmente bastava anche una notte di trattamento con questa crema per guarire dalla scabbia”, continua l’esperto. “Negli anni successivi si è reso però necessario incrementare il numero di applicazioni fino a che abbiamo riscontrato una resistenza alla terapia con questa molecola, non solo in Italia, ma anche in altri Paesi. In seguito siamo quindi passati a un trattamento con permetrina in crema associata a ivermectina per via orale. Ma negli ultimi due-tre anni si è verificato un alto numero di recidive. A questo punto abbiamo avuto l’intuizione di ricorrere ad altri trattamenti più antichi. Confrontandomi quindi con gli specialisti del Bambin Gesù di Roma abbiamo pensato a una terapia a base di zolfo che veniva impiegato nel passato, ma che causava nel tempo forti irritazioni cutanee. Per ovviare a questo effetto indesiderato abbiamo messo a punto un preparato allo zolfo al 17% di concentrazione basato su una crema emolliente che permetta di fare agire lo zolfo senza irritare la pelle. Inoltre, invece di applicarla tutte le sere, si utilizza questa pomata lasciandola per 3 giorni sulla zona interessata, senza lavaggi, per poi rimuoverla e riapplicarla dopo 7 giorni”. I risultati preliminari sono molto incoraggianti e sono appena stati pubblicati in una lettera all’editore sulla rivista International Journal of Dermatology. Lo studio ha coinvolto 22 pazienti, “ma quelli effettivamente curati con successo con la nuova terapia sono molti di più e al Meyer questa è diventata la terapia d’elezione per la scabbia”, continua Filippeschi. “Un trattamento che sta suscitando l’interesse da parte di altri centri nazionali e internazionali di cura, e che una volta di più ci ricorda come a volte riscoprendo molecole ‘vecchie’ sia possibile mettere a punto terapie efficaci: pensiamo che dall’inizio del secolo scorso e fino agli anni 90 per bonificare le stanze dei malati di scabbia venivano usati i fumi dei fiori di zolfo bruciati!”, sottolinea l’esperto.

Più efficacia e meno costi
Un altro elemento fondamentale che rende molto interessante il preparato galenico allo zolfo è “il suo costo molto ridotto rispetto alle altre terapie in commercio e che non sempre sono mutuabili. Per cui una famiglia che deve ricorrere a un rimedio contro la scabbia, con questo trattamento ottiene un forte risparmio, conclude Filippeschi.

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