Un inno al calcio Spagna-Brasile 3-3: solo un’amichevole sì, ma che non può non far venire un po’ di invidia a chi l’ha guardata dall’Italia. Non tanto per i campioni (magari forse un po’ sì) come Vinicius e Rodrygo, non tanto per giocate fantasmagoriche come quella di Dani Olmo nel gol del 2 a 0, quanto per aver visto due fenomeni che saranno ai vertici del calcio mondiale almeno per i prossimi 15 anni: Lamine Yamal lato iberico, Endrick lato verdeoro. Il primo è uscito facendo alzare in piedi il pubblico del Bernabeu, notoriamente non tenero coi calciatori catalani, dopo una prestazione da urlo tra assist e giocate: ha 16 anni (sedici anni!), ha ancora la faccia da bimbo ed è titolare nella Spagna e nel Barcellona. Il secondo è forse ancora più stupefacente: ha 17 anni, gioca al Palmeiras ma è già del Real Madrid e lascia sul posto qualsiasi avversario si trovi di fronte con una facilità quasi imbarazzante. Una potenza di gambe (unita a controllo e tecnica) che ricorda molto il primo Luis Nazario Da Lima al secolo Ronaldo il Fenomeno, che pure ci ha messo qualche anno in più per prendersi la scena nei club e in verdeoro. Endrick è invece stabilmente in nazionale, segna (ha fatto gol pure all’Inghilterra in questa tournèe europea del Brasile) e ad ogni pallone che tocca lascia presagire sempre più un futuro da super star.

E questi due sono i fenomeni assoluti, perché poi la Spagna schiera al centro della difesa Cubarsi, 17enne, contro Rodrygo, Endrick, Vini Jr; il Brasile invece al centro contro Morata, Yamal, Dani Olmo e Nico Williams (che di anni ne ha 21), schiera Beraldo, 20 anni. Da queste parti trattiamo come un giovane talento Raul Bellanova che al Toro sta dimostrando di essere fortissimo e pure in azzurro ha fatto bene, ma che di anni tra un mese ne fa 24, o Buongiorno e Cambiaso che pure hanno 24 anni o Folorunsho che è dovuto arrivare a 25 anni tra tanta Serie C e Serie B per convincere (forse) il Napoli che magari ha in casa qualcosa di meglio di Dendoncker o Ndombelè. E dunque invidia, sì, per un’opulenza di talenti che è quasi uno schiaffo alla miseria, ma anche un inevitabile spunto di confronto con ciò che abbiamo in casa e soprattutto col metodo in cui quel patrimonio viene trattato. Un patrimonio come Simone Pafundi, ad esempio, che di anni ne ha appena compiuti 18 e di talento ne ha da vendere come ha appena dimostrato facendo meraviglie, o come si direbbe nella sua terra d’origine “lo stravedere” in Nazionale, ma in quella Under 19.

E l’Udinese Pafundi lo ha mandato al Losanna che naviga nei bassifondi del campionato svizzero. Secondo il dg Marino il ragazzo non è ancora pronto per giocare nell’Udinese e se lo dice uno che è nel calcio da quarant’anni, con un nome che è assoluta garanzia e che rappresenta un club modello nella gestione e nella crescita dei giovani c’è ovviamente da crederci. Forse al netto del talento che sprizza da ogni ricciolo il ragazzo è ancora piccolino per reggere alle botte della Serie A e della Nazionale Maggiore, d’altronde non ha la muscolarità di gente come Yamal e Endrick e tuttavia a questo punto vengono ancora alla mente le Furie Rosse: Gavi e Pedri, non esattamente due giganti ma esattamente due fenomeni deliziano il Camp Nou e i tifosi spagnoli da tre anni, e oggi di anni ne hanno 19 e 21 pur essendo dei fuscelli. Fossero nati in Italia, Gavi e Pedri, giocherebbero da quando ne hanno 16 titolari in top club tra campionato e Champions e in nazionale? O sarebbero ancora in prestito in B?

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