Sembrava andare tutto liscio con la pratica del digiuno intermittente, tanto in voga oggi e promossa da molti vip come strategia non solo per perdere peso, ma anche come fattore di longevità, che è arrivata la stroncatura da uno studio americano presentato durante il meeting dell’American Heart Association che si è svolto dal 18 al 21 marzo. Sotto accusa è il digiuno “16:8”, ossia quello in cui si mangia in un arco di tempo di 8 ore durante il giorno, per poi non toccare cibo nelle 16 ore successive, saltando la colazione o la cena. La conclusione della ricerca sembra non lasciare dubbi: chi segue questo tipo di digiuno corre rischi maggiori per malattie cardiovascolari rispetto a chi si nutre per 12-16 ore al giorno. Come ha dichiarato al Corriere della Sera Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano, “Sappiamo che, oltre a far dimagrire, il digiuno intermittente migliora la sensibilità all’insulina e il metabolismo, riduce l’infiammazione, abbassa il colesterolo e la pressione del sangue in chi ce l’ha alta. Questi però sono gli effetti a breve termine: possono durare qualche mese, forse un anno. E poi?”.

Lo studio in sintesi
Le indagini sono state condotte su un gruppo misto: metà uomini e metà donne (età media 49 anni), per il 70% bianchi, in tutto 20mila persone seguite per una media di 8 anni e un massimo di 17. Sono state esaminate le loro abitudini alimentari utilizzando i database dei Centers for disease control and prevention americani, per poi confrontarle con i dati relativi ai decessi avvenuti nello stesso periodo negli Stati Uniti. L’alimentazione limitata a 8 ore al giorno non solo non ha ridotto il rischio complessivo di morte, ma lo ha addirittura aumentato. Non solo, nelle persone che già soffrivano di cuore, digiunare anche solo per 14 ore comporta un rischio più elevato di infarto, ictus e morte. Stesso discorso in chi soffre di tumore, per i quali la dieta “16:8” purtroppo riduce la speranza di vita. La ricerca, stando alle informazioni attuali, presenta però alcuni limiti. Per esempio, non fornisce indicazioni sul tipo di dieta e nemmeno sul meccanismo biologico che sta alla base delle differenze nella durata della vita nei due gruppi. Insomma, occorrono altri elementi per capire meglio la portata di questi risultati.

Il parere dell’esperto
“Già da tempo siamo a conoscenza dei danni che può provocare saltare la colazione insieme alle 16 ore di digiuno. Per cui questi risultati, seppur riferiti a uno studio che deve ancora essere pubblicato, non mi sorprendono”, spiega al FattoQuotidiano.it il professor Valter Longo, biologo molecolare, Direttore del Programma di oncologia e longevità presso l’Ifom – Istituto Airc di oncologia molecolare di Milano. A Longo si deve, tra l’altro, la messa a punto della “dieta mima digiuno”, un regime di restrizione calorica concentrato in pochi giorni con l’obiettivo di potenziare le difese dell’organismo e rallentare i processi di invecchiamento, ma anche di contribuire all’efficacia di terapie anticancro.

Professor Longo, quindi se uno vuole seguire un periodo di digiuno, di quante ore dovrebbe essere?
Fatelo di 12 ore. Grazie alla pubblicazione di alcune meta analisi sappiamo per esempio che chi salta la colazione e fa 16 ore di digiuno aumenta la probabilità di soffrire di malattie cardiovascolari e la mortalità in genere. Questa ricerca parla di effetti negativi anche saltando la cena. Il sospetto è che ci sia un meccanismo fisiologico negativo proprio nelle 16 ore di pausa tra un pasto e l’altro”.

Mentre in un digiuno di 12 ore, avremmo solo benefici?
“Gli studi rivelano che tra i centenari è molto comune fare una cena leggera e una prima colazione dopo 12 ore di digiuno notturno; inoltre, altre analisi su questa modalità di consumare cibo non hanno mai evidenziato dati negativi. È bene restare quindi nelle 12 ore circa senza saltare la colazione; viceversa, coloro che fano un digiuno più lungo e saltano la colazione o cena hanno maggiori problemi di cuore o vivono di meno. Per cui il dubbio rimane sul salto della cena e sulle 16 ore in sé che, stando ad altri studi, forse potrebbero favorire un accumulo di colesterolo in alcuni organi e conseguenti danni alle arterie e al cuore”.

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