Poco prima che la sindaca leghista Anna Maria Cisint salisse sul palco del festival letterario Monfalcone Geografie per presentare il suo libro “Adesso basta”, un’invettiva contro il mondo islamico, è diventato pubblico il testo dell’ordinanza con cui il Tar del Friuli Venezia Giulia le ha dato torto nella crociata che sta combattendo contro i fedeli di Allah. Si tratta del divieto (risalente a dicembre) di utilizzare un piazzale (di proprietà privata), con la scusa che si troverebbe all’interno di un cantiere. La notizia ha infiammato gli animi e alcune cittadine hanno interrotto la presentazione in corso in piazza della Repubblica, per leggere anche brani del provvedimento del Consiglio di Stato che alcuni giorni fa ha invitato la sindaca a trattare con la comunità religiosa (entro una settimana) per rendere possibili le preghiere collettive del Ramadan.

Sotto il tendone sono poi intervenuti agenti della Digos che hanno allontanato le contestatrici. Sul palco, assieme a Cisint, c’erano anche i giornalisti Giuseppe Cruciani e Fausto Biloslavo. “Nulla di drammatico – spiega Cruciani a ilfattoquotidiano.it – io stesso ho letto qualche passaggio dell’ordinanza dal palco. Le signore agitavano la mano con il ‘cinque’ per indicare che entro 5 giorni il sindaco deve incontrare gli islamici come ha stabilito il Consiglio di Stato”.

La prima sezione del Tar ha accolto il terzo ricorso presentato dal Centro Culturale Islamico Baitus Salat (avvocato Vincenzo Latorraca), dando torto al Comune di Monfalcone (avvocato Teresa Billiani). Gli altri due ricorsi, per i quali non c’è stata ancora una decisione nel merito, riguardano la chiusura di due moschee per asserite violazioni urbanistiche. Adesso gli islamici potranno pregare, a casa loro e all’aperto. Il 7 dicembre 2023 il dirigente dell’Area tecnica 6 aveva invece inibito l’utilizzo di un immobile in via Primo Maggio 103 (piazzale ex Hardi) che è proprietà dell’associazione. Secondo il Comune in quell’area esiste un intervento edilizio non concluso, visto che è stata sospesa a tempo indeterminato l’efficacia del titolo edilizio per ristrutturare l’edificio, che è quindi privo di collaudo statico e di agibilità.

Il piazzale era stato considerato dal Comune come un’area di cantiere visto anche il deposito di materiali edili. Il divieto era così motivato da ragioni di pubblica incolumità, normativa edilizia e sicurezza sui luoghi di lavoro. L’associazione culturale islamica aveva contestato l’inibizione di accesso all’area “finora utilizzata per ospitare iniziative di carattere sociale e religioso”, lamentando “la compressione dei propri diritti costituzionali, di riunione, associazione, professione di culto, nonché l’illegittima limitazione della facoltà di godimento dell’immobile riconducibili al diritto di proprietà”. Il Tar ha dato loro ragione su tutta la linea, sostenendo che non si poteva “inibire l’utilizzo dell’immobile nella sua interezza, anche alla luce della sua destinazione nota al Comune all’esercizio di diritti di rango primario quali la libertà di riunione, di associazione e di culto”.

Inoltre, l’agibilità “può essere riferita soltanto all’edificio” per il quale fu bocciato lo strumento edilizio per la ristrutturazione, che venne interrotta, ma “non si possono estendere analoghe esigenze di controllo strutturale e sicurezza ambientale alle aree esterne”. Il piazzale “non può essere qualificato come un cantiere” visto che la Scia edilizia (Segnalazione certificata di avvio dell’attività) risale al 2018 ed è stata annullata. “Non si può quindi sostenere di essere in presenza di un cantiere nell’impossibilità di riscontrare, anche solo in forma potenziale, dei lavori edili in corso sull’immobile”. La presenza di materiale “non è sufficiente a tramutare l’area in un cantiere e a inibirne l’uso generalizzato”, al massimo – se pericolosi – si può ordinarne la rimozione. In attesa che il Tar prenda una decisione sull’accesso alle due moschee contestate da Cisint, i musulmani potranno almeno tornare a riunirsi all’aperto in quell’area, in attesa che nei prossimi giorni il sindaco discuta loro dove individuare altre luoghi di preghiera, anche al chiuso.

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