Monfalcone, città divisa. Anna Cisint, sindaca (leghista) che non sembra essere disposta a trattare. La comunità islamica, che rappresenta il 30 per cento della popolazione, costretta a cominciare il Ramadan, il mese dedicato alla preghiera e al digiuno, elemosinando uno spazio che le viene negato. Davvero a Monfalcone si rischia una crisi sociale ed etnica.

Il 28 febbraio Carlo Saltelli, presidente del Consiglio di Stato, aveva accolto la richiesta della comunità di tornare nei due centri culturali fatti chiudere al culto dal sindaco per motivi di legislazione urbanistica. Si tratta di una guerra cominciata alcuni mesi fa che ha trovato da parte dei giudici un’apertura temporanea (concessione della sospensiva), in attesa dell’udienza per una decisione sul merito che si terrà il 19 marzo. L’accesso alle due moschee, che sono di proprietà degli islamici, era però condizionato a un confronto con il Comune di Monfalcone sul numero di persone ammesse, onde evitare problemi di sicurezza. La comunità si è rivolta al municipio, ma ha ottenuto un sostanziale rifiuto a discutere le modalità pratiche di ripresa dell’attività religiosa. Si è così arrivati a domenica 10 marzo in una situazione di grande incertezza. Da ricordare che Cisint è sotto scorta dopo aver ricevuto minacce scritte, da cui gli esponenti islamici hanno preso le distanze in modo molto netto.

La comunità islamica ha fatto sapere che, vista la latitanza del Comune, i fedeli sarebbero andati a pregare in piazza della Repubblica, davanti al municipio. Il questore Luigi Di Ruscio ha invitato “ad abbassare i toni, evitare provocazioni e inaccettabili attacchi personali” e poi ha risposto che la preghiera non può avvenire in piazza, ma in altri due luoghi all’aperto. Il portavoce Bou Konate, ingegnere, già componente della giunta di centrosinistra una ventina d’anni fa, ha però risposto: “Pregheremo in piazza, non ci interessano le altre due aree”.

Ad annunciare l’intenzione della preghiera era stato Md Jahirul Islam, presidente del Centro culturale Darus Salaam di via Duca d’Aosta. Le prescrizioni del Questore prevedono che i fedeli possano riunirsi fino all’8 aprile (ultimo giorno del Ramadan) dalle 19.30 alle 22.30 nell’area del parcheggio delle Terme romane e il solo venerdì dalle 12.30 alle 14 nell’area verde della salita della Rocca, che non è molto lontana da piazza della Repubblica. A quel punto gli islamici hanno risposto chiedendo di poter manifestare a tutela dei propri diritti e della propria convinzione religiosa.

Si è così riunito il Comitato per l’ordine e la sicurezza. Nel pomeriggio di lunedì 11 marzo il prefetto Raffaele Ricciardi ha incontrato i rappresentanti della comunità islamica. Al termine i musulmani si sono riuniti in assemblea e hanno deciso di non manifestare davanti al municipio, anche perché la piazza è stata fatta transennare dal sindaco ed è presidiata dalle forze di polizia.

La situazione ha acceso la polemica politica. Cristiana Morsolin, già candidata sindaco per il centrosinistra, ha dichiarato: “In tutti i Comuni italiani durante il Ramadan ci sono spazi dove pregare. In una città la cui popolazione è straniera per il 30 per cento, invece, non possono farlo nei loro luoghi. La sindaca Cisint è arrivata al punto di dire che vadano in un altro comune. Un tempo veniva messo a disposizione il palazzetto dello sport e non ci sono mai stati problemi”. Il gruppo Sinistra per Monfalcone ha espresso solidarietà “ai cittadini di fede musulmana e più in generale alla numerosa comunità straniera, per non poter tornare nei centri culturali dove, negli ultimi decenni, hanno potuto esercitare liberamente il loro diritto al culto”. Denunciano che l’amministrazione comunale non abbia aperto “un dialogo, leale e senza pregiudizi con le comunità straniere, per fornire le eventuali prescrizioni inerenti alla sicurezza, anziché ostinarsi in un atteggiamento di chiusura e rigidità”.

La pensa in modo opposto il capogruppo della Lega in consiglio regionale, Antonio Calligaris: “Sono pretestuose e contro ogni buonsenso le dichiarazioni dei rappresentanti della comunità islamica che intendono servirsi della piazza della Repubblica per le preghiere fino al prossimo 8 aprile, dimostrandosi per quello che sono: una provocazione per gli altri cittadini. Noi non alimentiamo le divisioni e non limitiamo l’esercizio del culto, si tratta di far valere il rispetto delle nostre leggi, senza il quale non ci può essere una vera integrazione”.