Nel Paese che “vanta” uno dei sistemi di riscossione più inefficienti al mondo sempre più Comuni fanno da sé. Perché affidarsi all’ente nato dalle ceneri di Equitalia significa rinunciare a decine o centinaia di milioni di euro di incassi che possono fare la differenza tra un bilancio in salute e il dissesto. Non a caso l’ultimo tentativo di affrancamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione è quello di Napoli, che lo scorso anno ha affidato a Napoli Obiettivo Valore, una società di progetto partecipata da Municipia (gruppo Engineering), il compito di recuperare una montagna di Imu, tasse rifiuti e multe arretrate: oltre 1.500 a famiglia solo di Tari. A fare scuola è stata Bologna, che già nel 2012 ha abbandonato l’allora Equitalia optando per la gestione diretta della riscossione coattiva con il supporto di società private che si occupano in concreto delle notifiche e azioni esecutive.

“Il Comune accumula ogni anno circa 50 milioni di crediti da riscuotere. Con Equitalia la percentuale di recupero si fermava al 10%, ora siamo a un fisiologico 40%“, racconta Mauro Cammarata, che da direttore del settore finanza e bilancio del Comune di Bologna ha gestito il passaggio. “Il resto fa capo a imprese cessate, defunti, persone che effettivamente non possono pagare”. Il raggruppamento di imprese che si è aggiudicato la gara per i servizi di supporto prende un aggio dell’8-10%: all’ente comunque conviene. “La misura del risultato la danno i soldi in cassa: nel 2012 erano 150 milioni, oggi 450“. A beneficiarne, spiega, sono i cittadini che pagano il dovuto: “Prima dovevamo aumentare ogni anno le tariffe della tassa rifiuti. Negli ultimi otto anni siamo riusciti a non toccarle, nonostante l’inflazione e il miglioramento del sistema di raccolta differenziata, perché ormai le entrate superano i costi del 10%. Con quelle maggiori risorse abbiamo concesso agevolazioni nel periodo Covid e potenziato i servizi”.

L’altra faccia della medaglia è che il nuovo corso ha richiesto l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione, compresi quelli più impopolari: “Pignoriamo i conti correnti o una quota di stipendio, una volta abbiamo confiscato e venduto all’asta per 130mila euro la Ferrari di un noto personaggio che accumulava multe senza mai saldare sostenendo di essere nullatenente“. Si tratta ovviamente di procedure invasive, a cui però si arriva solo dopo una notifica per posta e un tentativo di recupero telefonico, che spesso si rivela fruttuoso: solo alzando la cornetta si incassano cifre paragonabili a quelle totali che ritornavano nelle casse comunali quando la gestione era di Equitalia. Quanto alle rateizzazioni, “non le concediamo a chiunque, perché crediamo che il Comune non debba “fare la banca” e consentire ai debitori di prendere tempo per poi magari non versare nemmeno una rata, come invece fa l’Agenzia delle Entrate riscossione. Prima facciamo una valutazione attraverso l’anagrafe tributaria e la banca dati autoveicoli e altre informazioni ottenute a volte con fatica: l‘accesso diretto all’anagrafe dei conti correnti per esempio ci è tuttora inibito perché la norma del 2020 è rimasta inattuata, per cui serve l’autorizzazione del tribunale”. L’AdE fa sapere che ci si sta lavorando ma serve “un complesso sistema per garantire tutela e sicurezza ai cittadini”.

Morale: dietro un sistema efficiente c’è un lavoro preparatorio non banale. Il che, secondo Cammarata, in parte spiega – almeno sul fronte tecnico – perché non tutti gli enti abbiano ancora scelto questa strada. Poi serve ovviamente la volontà politica, “ma visto che con la nuova contabilità degli enti locali si può spendere solo se si incassa credo che anche la politica si stia convincendo che occorre procedere in proprio”. Ne vale la pena anche perché, sottolinea Cammarata, “dare il messaggio che la riscossione coattiva funziona aumenta di molto i pagamenti volontari, peraltro più convenienti perché senza sanzioni e interessi”. Roma Capitale, dove la giunta Gualtieri al suo insediamento ha trovato un buco da 1,6 miliardi solo di mancati incassi Tari, voleva provarci. A fine 2022 ha chiamato il dirigente pubblico bolognese offrendogli l’incarico di dg di AequaRoma, la società comunale che al momento gestisce le entrate ma non la riscossione, affidata ad AdER. Ma l’esperienza è durata meno di un anno: qualche mese fa Cammarata è tornato a Bologna, all’Azienda pubblica dei servizi alla persona. “Ero andato a Roma per replicare l’esperienza di Bologna ma non c’erano le condizioni”, dice.

Il suo giudizio sulla riforma della riscossione messa in campo dal governo, che concede a tutti di spalmare i debiti su periodi molto lunghi anche se non possono provare di essere in difficoltà economica, è tranchant: “Non fa che aumentare i problemi. Ed è devastante disporre che l‘Agenzia dopo 5 anni proceda al discarico. Sembra un meccanismo pensato apposta per non riscuotere. Il fatto che il Comune possa poi procedere in proprio fa ridere: a quel punto il credito ha almeno 10 anni, addirittura 12 se deriva da un accertamento di evasione, ed è noto che più passa il tempo più rivedere i soldi diventa difficile”.

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