Le immagini dei camion militari che trasportavano in altre città d’ Italia le troppe bare dei cittadini di Bergamo morti per il Covid (che avevano chiesto la cremazione, ndr) fecero il giro del mondo e a oggi sono il simbolo della devastazione provocata dal coronavirus Sars Cov 2. Ma nel giorno in cui si commemorano le vittime, cittadini e personale sanitario, ricordare è importante anche in funzione di quello che è stato sbagliato e di quello che non abbiamo imparato come sottolinea Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo.

“Oggi commemoriamo le vittime del Covid ed è importante che ci siano queste occasioni”. Ma la realtà è che “ci siamo dimenticati rapidamente di tutto. Quando è successo, si diceva ‘rinasceremo’. A reiterare il concetto c’era anche la canzone di Roby Facchinetti – Rinascero, rinascerai – ma mi pare che non sia rinato proprio niente, che tutto sia rimasto esattamente come prima – dichiara all’Adnkronos – se non se non peggio. E non è stato solo il lockdown: ci sono state anche tutta una serie di paure che alla fine hanno prodotto, da un lato, il desiderio di rimozione e, dall’altro, il ritorno a una dimensione ancor più individualistica di prima”.

“Nessuno parla più del Covid” – Per il medico i ricordi sono ancora vividi e vanno oltre le immagini dei camion militari carichi di bare. Hanno nomi e cognomi, sono una ferita ancora aperta riflettendo su quale deve essere il messaggio da portare a casa al termine della Giornata nazionale in cui si ricordano le vittime dell’epidemia di coronavirus. L’Italia in quei giorni cantava sui balconi, altra immagine simbolo, cercando una vicinanza ideale tra le persone nell’isolamento del lockdown. “Ma era un atteggiamento psicologico reattivo”, dice oggi Marinoni. “In realtà la dimensione comunitaria non c’è. E’ vero che non tutti i mali della nostra società devono essere riferiti ovviamente al Covid, però oggi c’è disinteresse. Se vogliamo fare un esempio, io sono del ’51, quando ero un bambino si parlava ancora della guerra che era finita nel ’45. Adesso del Covid ormai alla fine non ne parla più nessuno“, se non in giornate come questa.

“È importante che si facciano queste manifestazioni – continua il presidente dell’Ordine – eventi che ricordano ciò che è successo. Ancor più grave sarebbe che cadesse nel dimenticatoio e non permettere che accada lo dobbiamo ai nostri morti. Ma non dimentichiamo il sacrificio di queste persone, non dimentichiamo i 31 medici bergamaschi che sono morti”. Fra queste vittime, incalza Marinoni, “ci sono stati soprattutto quei medici che nella prima fase della pandemia, in quei giorni di fine febbraio-inizio marzo, sono andati a curare i loro pazienti a casa privi di protezioni individuali, perché non c’erano e le poche che c’erano non erano distribuite in modo equo”.

“Con buona organizzazione sarebbero morti meno medici ” – “I medici – ripete – spesso la mascherina per andare a fare le visite domiciliari non la potevano avere e non la potevano comprare perché non erano in vendita. Sarebbe bastata una buona organizzazione sulle protezioni individuali. Non dico camici, guanti, scafandri, bastava la mascherina Ffp2 e sarebbero morti meno medici e sarebbero morti meno cittadini, perché sarebbero stati curati meglio. Curare non vuol dire solo dare il farmaco mirabolante o miracoloso, che non c’era per il Covid, ma vuol dire seguire i pazienti, vuol dire vedere quando è il momento di ricoverarli, quando tenerli a casa e come tenerli, dare tutti i supporti necessari. Molti medici che non si sono tirati indietro sono morti”. Quando Marinoni ripensa a quella fase drammatica della pandemia di Sars-CoV-2 la sua mente si affolla di persone.

Non sono solo numeri o un generico ‘morti Covid’ quelli che si celebrano oggi, per Marinoni e molti altri. “Sono volti di persone che si conoscevano e che non ci sono più. Calcoliamo in quei giorni in provincia di Bergamo centinaia di migliaia di malati. Allora si diceva che il Covid aveva una letalità altissima da noi, ma in realtà – precisa – venivano diagnosticati col tampone solo quelli che venivano ricoverati ed evidentemente erano i più gravi. Qualcuno si salvava, qualcuno no. Io stesso ho saputo di avere il Covid con certezza quando ho fatto gli anticorpi a maggio”.
“Sono state dette tante cose. È stato detto che gli ospedali non funzionavano, invece – assicura Marinoni – hanno fatto un lavoro eroico. È stato detto che i medici di medicina generale non facevano abbastanza, ma in realtà, al netto dei problemi legati alla mancanza delle protezioni individuali, la stragrande maggioranza degli ammalati di Covid è stata curata a casa. Tutto questo”, chiosa il presidente dei medici bergamaschi, “va ricordato”.

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