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Si indaga sulla morte del trapper Jordan Jeffrey Baby: “Dubbi che si sia suicidato, disposta l’autopsia”

Un incontro è previsto domani con il pm Alberto Palermo, titolare dell'inchiesta

di F. Q.

Si indaga sulla morte del trapper Jeffrey Baby. La Procura di Pavia ha disposto l’autopsia sul corpo di Jordan Tinti, vero nome di Jordan Jeffrey Baby, trovato senza vita nella sua cella del carcere di Pavia. L’indagine, aperta per fare luce sulla tragica scomparsa del giovane artista, vede coinvolto il legale del defunto, l’avvocato Federico Edoardo Pisani, che rappresenta ora anche il padre del 26enne. Un incontro è previsto domani, 15 marzo, con il pm Alberto Palermo, titolare dell’inchiesta.

La famiglia e l’avvocato chiedono “giustizia” e vogliono “sapere cosa è successo”. Pisani esprime “fondati dubbi” sulla volontarietà del gesto e pone interrogativi sul perché Tinti fosse ancora detenuto a Pavia nonostante avesse denunciato maltrattamenti e abusi sessuali subiti all’interno della struttura. “Se di suicidio si è trattato, bisogna chiedersi perché Jordan era ancora in carcere a Pavia, dopo che aveva denunciato di aver subito là maltrattamenti e abusi sessuali“, afferma il legale. Il caso di maltrattamenti coinvolge anche Gianmarco Fagà, altro artista della scena trap noto come Traffik, che sarà processato a Pavia per presunti abusi subiti da Tinti durante la detenzione condivisa.

“Il padre di Jordan sarà parte civile nel processo”, ha spiegato l’avvocato. Tinti aveva anche denunciato di essere stato vittima di violenza sessuale da parte di un altro detenuto. “Ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione della Procura”, ha detto il difensore. A novembre, poi, il magistrato di Sorveglianza, subito dopo che la pena era diventata definitiva, aveva concesso al 26enne l’affidamento terapeutico in una comunità, dopo che la difesa aveva evidenziato “gravi pregiudizi” per lui a stare ancora in carcere: aveva necessità di curarsi dalla tossicodipendenza e aveva subito violenze e maltrattamenti, tra l’altro denunciati. Il 2 marzo, però, il provvedimento provvisorio di affidamento è stato sospeso, perché “nella sua stanza hanno trovato un cellulare e sigarette” e il 26enne è tornato in carcere.

“Non so neanche se hanno trovato una corda o altro, a me hanno solo detto ieri che è stato trovato appeso in cella”, ha chiarito l’avvocato, spiegando che il padre avrebbe dovuto incontrarlo in carcere oggi. “Qui il tema è che lui è stato rimesso in carcere malgrado fosse già stato certificato che c’erano dei gravi pregiudizi – ha aggiunto Pisani – e anche che è stato rimesso di nuovo in carcere a Pavia, dove aveva denunciato di aver subito abusi e sappiamo come funziona la vita nelle carceri”. Nel caso di Jordan, finito in carcere nell’agosto 2022 e con quasi “16 mesi di custodia cautelare”, il legale evidenzia tutta una serie di “malfunzionamenti e mancate comunicazioni”. Il fatto che nella sua stanza in comunità sarebbero stati trovati un cellulare e sigarette “non è stato comunicato al Sert, ai suoi medici che l’avevano in cura”. Lui, ha aggiunto l’avvocato, “piangeva in carcere, era terrorizzato”. Attendeva l’udienza fissata per il 19 marzo, quando la Sorveglianza di Milano avrebbe dovuto decidere se confermare l’affidamento terapeutico o revocarlo, dopo la sospensione. Gli restavano “meno di 2 anni da scontare” e sulla sua denuncia “per gli abusi subiti c’era stata richiesta di archiviazione perché, secondo la Procura, non aveva subito riferito l’accaduto all’operatore presente”. Gli esami autoptici, a quanto risulta al difensore, non sono ancora stati fissati.

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