Non mi è mai piaciuto il Sarri in versione laziale. Il calcio esibito a Napoli non si è praticamente mai visto. Probabilmente non per esclusivo demerito dell’allenatore. Al quale il presidente della Lazio ha offerto giocatori nella gran parte dei casi inadeguati ad interpretare le sue idee calcistiche. Giocatori che hanno più volte, nel corso della stagione in corso e soprattutto nelle ultime settimane, lasciato intendere di non essere più così convinti dalla bontà delle indicazioni tecnico-tattiche di Sarri.

Ma a prescindere da quel che la rosa della Lazio ha fatto vedere in giro per l’Italia e in Europa, a Maurizio Sarri ora va riconosciuto un merito. Indiscutibile. Quello di essersi dimesso. Senza tergiversare. Evitando di proseguire. Tentando, ancora. Si è dimesso rinunciando a molti soldi. Quelli che il contratto gli avrebbe assicurato non soltanto per questa stagione, ma anche per la successiva. Una rinuncia che non può non destare sorpresa in un Paese nel quale quasi nessuno fa un passo indietro. Né nella moltitudine delle persone che conducono vite “normali”. Aliene dalla celebrità. Né, tanto più, tra “quelli che contano”, in qualche modo. In ambiti anche diversi. Dalla politica, alla televisione, passando per lo sport, appunto. Quasi nessuno rinuncia agli onori che ruoli di vario tipo gli assicurano, neppure se le circostanze più che suggerirlo lo imporrebbero. Se accusati, ci si difende, naturalmente. Ma sempre cercando di rimanere al proprio posto. Saldamente abbarbicati al proprio posto. Evitando in questo modo di fare i conti con la realtà, nuova.

Che Sarri, che non ho mai conosciuto personalmente, fosse una persona anticonvenzionale e seria, avevo letto nelle cronache. Non solo il pallino per il calcio, vissuto in maniera quasi maniacale, insieme alle molte sigarette e all’immancabile tuta, anche per le partite. Ma soprattutto molto altro. Per la serietà, insomma. Per questo motivo pur non avendo apprezzato la “sua” Lazio, ho molto rispetto per quel che ha fatto. Lasciando la palla ai giocatori. Che è più che probabile, ora, saranno autori di prestazioni migliori. Accade spesso nel calcio. Con il cambio allenatore i giocatori si trasformano. Cambiano, in meglio.

Ma il punto non è questo. E’ evidente. Non possono essere un paio di sconfitte a fare la differenza. Anche se i risultati non possono che avere una loro importanza. Il punto è che le dimissioni di Sarri indiziano altro, a mio parere. Indiziano per l’ennesima volta come siano sempre i giocatori a decidere. Con le loro prestazioni in campo. Un allenatore indica. Suggerisce. Organizza. Più o meno bene. Ma a fare la differenza ci sono quelli che vanno in campo, insieme a quelli che siedono in panchina. Anche in questa occasione, alla Lazio, hanno sostanzialmente deciso i giocatori.

Ma a differenza di quel che accade quasi sempre, in questa occasione non è stato l’allenatore ad essere messo alla porta. E’ stato Sarri ad andarsene. Da trionfatore, autentico. Da leader, indiscusso. Lasciando alla società e ai giocatori il ruolo di sconfitti. Di comprimari, senza più alibi, da ora.

Evviva la serietà di chi fa un passo indietro. Evviva Maurizio Sarri!

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