Saranno più di 30mila i pensionamenti del personale scolastico, esclusi i presidi. Dal prossimo settembre circa 21mila docenti, 9mila Ata e, in aggiunta, quasi cinquecento insegnanti di religione, lasceranno le nostre aule andando ad accrescere il già elevato numero dei posti vacanti e disponibili e quindi ad aumentare la mole di precariato che si attesta a circa 250mila maestri e professori. A lanciare l’allarme è la Uil Scuola attraverso il suo segretario nazionale Giuseppe D’Aprile: “L’uscita del personale della Scuola per pensionamento sta assumendo proporzioni massicce, assai superiori a quelle previste. Oltre all’incertezza legata al futuro pensionistico ( riforme che si susseguono modificando i limiti di età) e un ricambio fisiologico dovuto all’età anagrafica che aumenta, un’altra ragione che determina il numero crescente di pensionamenti è sicuramente dovuta al carattere ogni giorno più impegnativo del lavoro degli insegnanti, del personale Ata e dirigente, alle prese con una sempre maggiore pressione burocratica a danno dell’attività didattica che sta perdendo la sua centralità all’interno delle scuole”.

Una disamina che non lascia spazio a molte parole se non all’analisi dei numeri. In dettaglio, dovrebbero lasciare il servizio 21.322 docenti; 9.154 unità di personale Ata; 459 docenti di religione e 57 educatori. Tutte persone che diranno addio al loro lavoro con questi tre requisiti (Quota 103, opzione donna, Ape sociale) sui quali ancora non vi sono dati definitivi divisi per categoria perché sono in corso verifiche da parte dell’Inps circa la sussistenza, per ciascuno degli interessati, dei criteri di accesso alla pensione. Per quanto riguarda l’opzione donna, spiegano i sindacati, hanno potuto accedere alla pensione le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2023 avevano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 61 anni esclusivamente al ricorrere di una delle seguenti condizioni: assistenza ex articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992 e riduzione della capacità lavorativa con invalidità civile pari o superiore al 74%. In questo caso, il requisito anagrafico viene ridotto di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di due.

La Quota anticipata flessibile (quota 103) ha previsto, invece, la facoltà di accedere alla “pensione anticipata flessibile” i lavoratori che, entro il 31 dicembre 2024, raggiungeranno un’età anagrafica di almeno 62 anni e una anzianità contributiva minima di almeno 41 anni. La pensione, calcolata interamente col sistema contributivo, sarà liquidata in misura non superiore a quattro volte il trattamento minimo per il 2024 sino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia, raggiunta la quale verrà messo in pagamento l’intero importo. Infine c’è l’Ape sociale. La legge di Bilancio per il 2024 ha prorogato anche per quest’anno le disposizioni del cosiddetto “Ape Sociale”. In questo caso, è stato previsto il posticipo del termine di scadenza del periodo di sperimentazione al 31 dicembre 2024, con innalzamento dell’età anagrafica minima prevista a 63 anni e cinque mesi e sono state confermate tutte le condizioni per l’accesso a tale modalità di trattamento previdenziale nei confronti dei lavoratori dipendenti che svolgono attività riconosciute come gravose.

Articolo Successivo

Ladispoli, sospeso il preside che aveva allontanato un bambino di sei anni dalla scuola per 21 giorni

next