Nella notte dei loro trionfi annunciati, Joe Biden e Donald Trump sciorinano le loro debolezze, che creano i presupposti di una loro sconfitta il 5 novembre: nessuno dei due convince al 100 per cento il proprio elettorato; e nessuno dei due pare in grado di erodere voti nel campo altrui.

Tra conservatori tradizionali anti-Trump, giovani disillusi anti-Biden e moderati spaventati, c’è forse spazio per un terzo candidato: uno spazio che – ipotizzano i media Usa – starebbe pensando d’occupare Nikki Haley. L’ex governatrice della South Carolina potrebbe lasciare la corsa, ormai persa, per la nomination repubblicana, ma non quella per la Casa Bianca. Un terzo candidato di peso c’è stato, qualche volta, nelle presidenziali statunitensi: non ha mai vinto, ma ha fatto perdere. Sarà lo stesso quest’anno?, o accadrà qualcosa di diverso? Lo scopriremo nella marcia d’avvicinamento all’Election Day, lunga ancora oltre 240 giorni, otto mesi.

Intanto, la politica estera ha fatto irruzione nel Super Martedì: Trump manda un messaggio d’amore al premier israeliano Benjamin Netanyahu – “Tieni duro, io arrivo” -; Biden incappa in uno screzio con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Trump esprime in forma più esplicita che mai finora il sostegno a Israele nella guerra a Gaza, proprio mentre cresce la pressione, dentro e fuori gli Stati Uniti, perché Washington metta un freno all’alleato. “Sì”, risponde in magnate, a chi sulla Fox gli chiede se stia “nel campo di Israele”. L’intervistatore incalza: l’ex presidente – chiede – “condivide” il modo in cui Israele conduce l’offensiva nella Striscia? “Sì – risponde il magnate -: deve risolvere il problema”.

Invece, Biden prova a mettere insieme resistenza ucraina e dissidenza russa e combina un pasticcio. La first lady ucraina Olona Zelenska declina l’invito a seguire dalla tribuna degli ospiti d’onore, accanto alla first lady Jill Biden, il discorso sullo stato dell’Unione che il presidente farà domani, giovedì 7 marzo, di fronte al Congresso riunito in sessione plenaria. Gli ucraini non apprezzano che, accanto a Jill, debba pure esserci la vedova dell’oppositore russo
Alexei Navalny, che considerava la Crimea russa. Alla fine, non ci saranno – pare – né Olona né Yulia.

La notizia del Super Martedì è che né Biden né Trump hanno fatto percorso netto: il presidente perde alle Samoa, battuto da un candidato locale; e Donald Trump perde in Vermont, dove Haley ottiene la seconda, probabilmente insperata, vittoria di queste primarie, dopo quella di domenica a Washington, D.C. Altrove – si vota in 15 Stati e sono in palio un terzo circa dei delegati alle convention -, il presidente e l’ex presidente fanno una cavalcata trionfale, avvicinandosi alla nomination dei rispettivi partiti e alla rivincita il 5 novembre del voto del 3 novembre 2020. E’ la prima volta che un match si ripete dal 1952/’56, quando il generale Dwight Eisenhower e il diplomatico Adlai Stevenson si sfidarono due volte per la Casa Bianca (s’impose sempre il vincitore dello sbarco in Normandia).

Usa 2024: Super Martedì, i risultati e il conto dei delegati

Il Super Martedì di Usa 2024 ha ben poco di super: manca l’incertezza, a dare pathos e suspence alla notte elettorale. I protagonisti seguono i risultati per conto loro: Biden è alla Casa Bianca; Trump nella sua dimora di Mar-a-lago in Florida; e Haley al quartier generale di Charleston (SC), dove tutti sono preparati a un discorso d’addio che (ancora?) non arriva. Per il computo dei delegati, i conteggi sono ancora in corso. Fra i repubblicani, l’ex presidente non può, in ogni caso, superare la soglia dei 1215 che assicurano la nomination: dovrà attendere – già si sapeva – la tornata del 19 marzo, quando si vota in Arizona, Florida, Illinois, Kansas e Ohio. Invece, fra i democratici, il presidente, a conti fatti, è vicinissimo alla certezza matematica.

La misura del successo di Biden non la danno le percentuali marginali dei suoi rivali, il deputato Dean Phillips e la scrittrice Marianne Williamson, ma il numero delle schede ‘uncommitted’: elettori democratici che, a causa dell’età o di altro, non ne condividono la candidatura e che, dove possono manifestarsi, sono in genere meno del 10%. Trump perde il Vermont, ma vince largo e talora larghissimo ovunque, due a uno o addirittura 4 a 1 sulla Haley. Il magnate ci resta un po’ male, a non fare bottino pieno, ma, come al solito, non lo dà a vedere.

Usa 2024: Super Martedì, le reazioni e i commenti

Prima che fossero annunciati tutti i risultati, il magnate ha fatto in diretta tv un ‘victory speech’: “E’ stata una serata formidabile”, ha detto, vantandosi di avere fatto “una cosa che nessuno avevo fatto prima nella storia” e ripetendo che Biden sarebbe “il peggior presidente di sempre”. Quindi ha profetizzato che il partito repubblicano “sarà presto riunito”, aumentando la pressione su Haley perché si ritiri. Biden s’è limitato a un comunicato della sua campagna: Trump “vuole distruggere la democrazia, strapparci libertà fondamentali e approvare altri tagli fiscali per miliardi di dollari per i ricchi. Farà o dirà qualsiasi cosa per andare al potere”.

Anche la Haley, con una nota, spiega che “l’unità non si raggiunge dicendo semplicemente ‘siamo uniti’… Resta un ampio gruppo di elettori repubblicani profondamente preoccupati da Trump […] Affrontare queste preoccupazioni renderà il partito e l’America migliori”. Dopo il Super Martedì, sa di potere contare su un patrimonio di voti repubblicani che oscilla tra un quinto e un terzo del totale fino al 40% del Massachusetts. Quel che basta perché Trump perda il 5 novembre.

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