di Annalisa Rosiello *

Abbiamo a più riprese parlato di stress lavorativo anche su questo blog, ragionando di conciliazione vita personale – vita lavorativa e di mancanza di autocontrollo del lavoratore stressato. Le conseguenze dello stress possono essere serie, a volte devastanti come in taluni casi di super-lavoro. E’ stato ampiamente sottolineato, infatti, che lo stress lavorativo sia in grado di causare danni alla salute psichica, fisica o psico-fisica. E queste conseguenze possono essere oggetto di richiesta risarcitoria al datore di lavoro e anche di indennizzo Inail. Laddove sia dimostrato il nesso di causa-effetto della patologia con il lavoro.

Le patologie legate allo stress sono inserite nell’elenco aggiornato dal DM 15 novembre 2023 nella lista II: “malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità”, gruppo 7 “Malattie psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell’organizzazione del lavoro”. Con la conseguenza che non opera alcuna presunzione di collegamento causale, ma è in carico al lavoratore l’onere di dimostrare il nesso di causa-effetto con la patologia.

Qualora dunque il lavoratore abbia contratto una patologia (disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso o altro) a seguito di condotte a vario titolo stressanti (mobbizzanti o di molestia morale e sessuale, per mancata conciliazione, per super-lavoro ecc.), potrà rivolgere all’Inail la domanda di indennizzo del danno biologico quando sia provato che la patologia sia stata determinata dalle condizioni a vario titolo e livello nocive e insalubri in cui si è articolata la prestazione lavorativa.

Peraltro non è necessaria, ai fini della tutela indennitaria Inail, la prova dell’intento persecutorio né tantomeno la colpa: il diritto all’indennizzo previdenziale, quindi, è dovuto per il semplice fatto obiettivo che il lavoratore abbia subito un pregiudizio causato dall’attività lavorativa e deriva dall’inderogabile dovere di protezione sociale che incombe sull’intera collettività.

Laddove emerga una responsabilità datoriale ai sensi dell’art. 2087 il lavoratore può agire anche nei confronti del datore di lavoro per il riconoscimento del danno non coperto dalla tutela Inail (ovvero il danno biologico temporaneo, o pregiudizi non patrimoniali non aventi fondamento medico-legale, la cd “personalizzazione”). Si parla in questo caso di danno differenziale.

Questi principi sono stati affermati anche in recenti pronunce. La Corte di Cassazione con la recente ordinanza del 25 ottobre 2022, n. 31514, ha stabilito l’indennizzo Inail “per il disturbo post-traumatico da stress cronico con depressione e ansia miste, conseguente all’azione di mobbing messa in atto dalla datrice di lavoro”. I Giudici di legittimità hanno ritenuto applicabile al caso di specie il consolidato principio per cui l’assicurazione è obbligatoria per tutte le malattie, anche diverse da quelle tabellate (“o la cui origine lavorativa è a limitata probabilità”) a condizione che si tratti di malattie delle quali sia provata la causa di lavoro.

Recentemente ha avuto risalto una sentenza della Corte d’appello di Firenze n° 559/2023 che ha riconosciuto la “costrizione lavorativa” come causa esclusiva di malattia professionale. Il caso riguarda un lavoratore della grande distribuzione con ruolo dirigenziale da oltre 20 anni che, a seguito di reiterate vessazioni, pressioni e contestazioni disciplinari perpetrate da superiori e durate più di un anno, ha manifestato importanti disturbi di natura psicologica che lo hanno indotto a lunghe assenze per malattia. Nella fase amministrativa l’Inail aveva rigettato la domanda; adito il Tribunale di Pisa questi accoglieva le ragioni del lavoratore riconoscendo l’origine occupazionale della patologia (sent. 3 novembre 2022, n° 335).

La sentenza è stata successivamente confermata anche in sede di Appello dalla Cda di Firenze (sent. 21 settembre 2023, n° 2166), passata in giudicato. Argomenta la Corte d’appello che “la continua pressione per quanto riguarda il rendimento del punto vendita e la gestione del personale, le sanzioni disciplinari, i trasferimenti anche a distanza rilevante sono certamente sintomi di un’organizzazione del lavoro idonee a generare lo stress” lamentato.

* L’autrice dell’articolo e curatrice di questo blog. Qui la sua biografia.