Quel nomignolo gli si è appiccicato addosso fino a diventare un suo segno distintivo. Perché per tutti Jindřich Trpišovský è ormai diventato il “Klopp ceco“. Merito della sua capacità di giocare un calcio votato alla verticalità, dicono i suoi fan. Colpa di quel cappellino bianco che gli copre la testa durante ogni partita, giurano i suoi detrattori. Eppure pochi allenatori hanno avuto lo stesso impatto sul calcio della Repubblica Ceca dell’allenatore nato a Praga. Nei suoi sei anni e mezzo allo Slavia, infatti, Jindřich Trpišovský ha vinto tre campionati e quattro coppe nazionali, riscrivendo le gerarchie del campionato locale. A 48 anni il tecnico ceco è diventato già un allenatore di culto in patria. Ora lo conoscerà anche l’Italia: il suo Slavia Praga affronta il Milan negli ottavi di Europa League. E pensare che Trpišovský più di una volta era stato sul punto di smettere e dedicarsi ad altro.

Trpišovský d’altra parte è un’entità molto vicina all’incarnazione del self-made man. Non ha mai giocato a pallone a buoni livelli, ma ha studiato il calcio in profondità. Il primo contatto con la panchina è arrivato quasi per caso. “Ho iniziato ad allenare a 22 anni, quando le giovanili di una squadra in cui giocavo avevano bisogno di un allenatore per una partita – ha svelato qualche tempo fa – Da quel momento ho continuato ad allenare fino ad oggi”. I primi incarichi non sono il massimo. Allenare nelle serie minori ceche sembra un’attività più vicina all’idea di missione che a un lavoro vero e proprio. Così per continuare ad allenare Jindřich decide di farsi assumere in un pub. Lavora la mattina, poi va agli allenamenti, torna per finire il turno serale. È una vita massacrante. E spesso si chiede se ne valga davvero la pena.

La svolta arriva nel 2011, quando gli viene offerta la panchina dell’Horní Měcholupy, nella quarta serie nazionale. Non è il massimo, ma è pur sempre qualcosa. Il tecnico porta la società alla promozione nella locale Serie C. Poi però qualcosa cambia. All’improvviso lo chiama il Viktoria Žižkov. È una società storica di Praga. Ma è anche una società che versa in enormi difficoltà economiche. Il campionato è quello di Serie B, ma la realtà che si trova a vivere sembra quasi dilettantistica. Trpišovský e la squadra si cambiano sotto un albero perché il loro unico spogliatoio è stato dato alla squadra ospite. Si allenano in un parco cittadino (e a turno qualcuno ha il compito di controllare i cespugli per recuperare i palloni). Gli infortuni alla caviglia vengono curati non con il ghiaccio, ma con il pesce surgelato applicato direttamente sulla parte lesionata. I soldi per pagare i giocatori sono talmente pochi che ogni tanto Jindřich e il suo assistente sono costretti a portare fuori i giocatori e a pagargli un pasto che basti a tenerli in piedi.

Quella che molti considerano una follia è in realtà una palestra. Così quando la squadra non riesce a iscriversi al campionato, Trpišovský accetta la chiamata dello Slovan Liberec. È un salto in avanti importante. “Ho capito cosa significa lavorare duramente, sudarsi i soldi”, dice. Ed è vero. Trpišovský è maniacale. Cura ogni dettaglio, ogni sfaccettatura dell’azione. Il suo idolo è Klopp. Ama la sua tensione verticale già da quando allenava il Borussia Dortmund. Studia la filosofia calcistica del tedesco, ma la adatta al proprio carattere. La ricetta funziona eccome. Lo Slovan arriva prima terzo, poi chiude al nono posto. La terza avventura dura solo pochi mesi.

A dicembre saluta e si siede sulla panchina dello Slavia. Con lui la squadra con la stella rossa sul petto si riprende da un crollo verticale. Arriva seconda. Ma è solo il punto di partenza. Alla sua prima stagione completa in panchina Trpišovský centra il titolo ceco. “Ha cambiato lo Slavia liberandosi di alcuni giocatori costosi che non lavoravano per la squadra. Ha creato un collettivo molto forte, i giocatori si fidano molto di lui e lo Slavia sembra una grande famiglia felice”, dice Aleš Vávra, di Aktuálně. La visione calcistica del mister è chiara. Terzini che spingono, pressing alto per recuperare la sfera, squadra corta che si muove in blocco. “Il nostro stile di gioco è impegnativo – ha detto Trpisovsky – Cerchiamo di giocare un calcio totale dal primo al novantesimo minuto, il che significa che deve sempre accadere qualcosa in campo. Quando perdiamo la palla, cerchiamo subito di riconquistarla“. I risultati sono incredibili. Lo Slavia vince altri due titoli di seguito, diventa una realtà concreta con un calcio immediatamente riconoscibile. “Ora è più facile che i giocatori stranieri vengano da noi – spiega – sanno qual è il nostro modo di giocare”. E questa, forse, è la sua impresa più importante.

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