Un’inchiesta giornalistica esplode sulle pagine siciliane di Repubblica il 22 febbraio scorso, la chiamano “Bosniagate” e nasce dalla denuncia di alcuni studenti e famiglie che avevano praticato la scorciatoia “a pagamento” per studiare in Bosnia – si fa per dire, i corsi erano tutti on line – e ottenere lì quel diploma in Professioni Sanitarie valido in Italia che non potevano prendere qui per via del numero chiuso. Al momento di iscriversi all’Ordine hanno scoperto che la loro laurea bosniaca era carta straccia. In pratica una truffa, su questo si indaga. Non come quelle di Totò, questa è stata resa possibile dalla partecipazione, attiva e passiva, di importanti esponenti del mondo dell’università, della sanità, della politica e della burocrazia siciliana. Sfiora anche il sindaco di Palermo.

A organizzare il tutto è il Jean Monnet Centre for European Studies di Locarno, che “non è un’Università, ma una struttura che mette a disposizione delle Università partner le strutture logistiche, l’organizzazione, la comunicazione e il personale necessario per la migliore realizzazione a Locarno dei loro Corsi universitari”. In realtà non c’è bisogno di andare a Locarno perché “ha promosso gli accordi di cooperazione fra l’Università Internazionale di Gorazde e l’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ e con l’Università degli Studi ‘Aldo Moro’ di Bari”. Di collaborazioni con università italiane ne ha attivate tante altre, come documenta il sito.

Un primo campanello d’allarme: il sito ufficiale jeanmonnet.uk, dopo il primo articolo di Repubblica è stato chiuso. Compare una scritta che invita gli interessati (prevalentemente studenti o ex che chiedono spiegazioni, immaginiamo) a mandare una e-mail a segreteriaprofmessina@gmail.com. Il deus ex-machina dell’operazione è Salvatore Messina, un professore siciliano di diritto internazionale uscito assolto da una brutta storia di truffa alla Ue per corsi fantasma qualche anno fa. Da tre anni è rettore dell’università di Gorazde.

Ventimila euro l’anno per una laurea in Medicina, Odontoiatria e Farmacia; 15mila l’anno per Medicina veterinaria; 12mila per Fisioterapia e Logopedia, 8mila per Podologia, Ortottica e Tecnico di radiologia, 6mila per Infermieristica, sempre per ogni anno di corso. Lezioni teoriche online e tirocinio presso ospedali pubblici e cliniche convenzionate di tutta la Sicilia (e non solo). Difficile per studenti e famiglie scorgere l’illecito: vai in ospedale a fare il tirocinio, perfino coperto dall’assicurazione per dipendenti e tirocinanti; le lezioni teoriche, poi, te le svolgono eminenti esponenti della sanità e del mondo accademico siciliano, uno di loro addirittura presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo: come credere che sia tutto finto?

Già, perché il prof. Salvatore (detto Toti) Amato, qualificato addirittura come “prorettore della scuola di specializzazione”, è presidente dell’Ordine a cui i suoi ex studenti oggi non possono iscriversi. Ma non sapeva nulla, a quanto pare. Così come sembra non sapere niente Filippo Anelli, presidente nazionale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici di Chirurgia e degli Odontoiatri. Eppure Toti Amato è uno dei 15 consiglieri del Comitato centrale della sua federazione. Poi il prof. Antonio Palma, Università di Palermo, qualificato come “prorettore alla didattica” aiutato dal genero Matteo Barcellona e numerosi altri docenti, funzionari regionali, avvocati i cui nomi stanno emergendo in questi giorni.

Uno di loro, Salvo Cocina, oggi a capo della Protezione Civile, chiama in causa una cerimonia avvenuta a Palermo nel corso della quale Roberto Lagalla – oggi sindaco della città – in qualità di Assessore regionale alla Formazione presentava i corsi di laurea e conferiva gli attestati, con tanto di comunicato stampa in cui esaltava l’Università di Goradze. Infilandosi dovunque, ai piani alti delle strutture pubbliche, nei convegni, perfino negli stand della Regione, accreditando sempre di più l’idea di una cosa seria e credibile. Mancava la Chiesa siciliana, ci provarono anche lì, sembra con poco successo. Fra i “promotori” (procacciatori di clienti) c’è Fabrizio Bignardelli, ex-capo della segreteria particolare di Totò Cuffaro.

La storia si arricchisce ogni giorno di testimonianze e scoperte e l’epilogo è ancora tutto da scrivere. Soprattutto perché si sta svegliando la legione dei truffati extrasiciliani. Alcune evidenze sono però già ben chiare:

1) A Palermo (ma non solo) l’università sembra in mano a un blocco di potere costituito che – oltre ad affossare ciò che resta della credibilità della sanità e dell’istruzione pubblica – ora alimenta un giro internazionale di soldi dai contorni torbidi. Ad esempio il prof. Di Rosa Salvatore figura come Preside di Facoltà di medicina dell’Università farlocca, suo figlio Giuseppe è avvocato dell’Ordine dei Medici di Palermo.

2) Ad oggi non si legge di provvedimenti volti a “fare pulizia” nell’Ordine dei Medici di Palermo, nella Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici di Chirurgia e degli Odontoiatri, nell’Università e in Regione. “Io non c’ero e se c’ero dormivo”, sembra essere il leit motiv di questi giorni convulsi di inchieste, denunce, interrogatori e sequestro di materiali.

3) Cosa ne è degli esami sostenuti a Gorazde? Ci sono laureati che operano nelle strutture pubbliche del nostro paese senza averne i titoli. Sono in corso verifiche, dunque verranno certamente a galla moltissimi casi, specie di coloro che, per eludere la selezione del test di ingresso, si sono iscritti a Gorazde per rientrare in Italia dal secondo anno in poi.

4) La sospetta truffa è stata resa possibile dall’abominio del numero chiuso così come praticato per decenni in Italia, anche con l’assenso degli Ordini professionali. Si è sposato con la propensione nazionale a cercare scorciatoie e mezzucci con cui ottenere, pagando, ciò a cui non si avrebbe diritto. Invece di lottare e ottenere per tutti ciò che si ritiene giusto per sé.

Complimenti ai giornalisti di Repubblica di Palermo. Ce ne fossero!

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