Steve Baker, giornalista del network conservatore Usa Blaze Media, è stato arrestato venerdì dall’Fbi. L’accusa nei suoi confronti è di aver partecipato all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, quando migliaia di sostenitori dell’ex presidente Donald Trump invasero la sede del Congresso a Washington per contestare il risultato delle elezioni vinte da Joe Biden. Secondo le autorità, Baker ha preso parte attivamente all’irruzione insieme alla folla, rimanendo nell’edificio per oltre mezz’ora prima di essere scortato fuori dagli agenti: inoltre ha dichiarato in diretta a una tv locale di essere “entusiasta” di quanto stava accadendo e di approvare totalmente le azioni dei sostenitori di Trump. Attraverso il proprio avvocato, Baker sostiene invece di aver partecipato alla rivolta solo come giornalista freelance e di essersi trattenuto all’interno del Campidoglio per girare dei video, poi venduti al New York Times e al network HBO. Il cronista, infatti, ha iniziato a lavorare in maniera stabile per Blaze Media solo dopo i fatti di Capitol Hill, pubblicando numerosi articoli che mettono in dubbio la versione ufficiale dell’assalto. Ora deve rispondere di quattro capi d’imputazione, tra cui violazione di domicilio e “condotta disordinata”.

In un filmato diffuso dal suo giornale si vede Baker venire accompagnato fuori dalla redazione da due poliziotti, con le mani bloccate dietro la schiena. Identificato di fronte al tribunale di Dallas, è stato subito rilasciato su cauzione: la prossima udienza si terrà il 14 marzo. “Non apprezzo l’intenzionale umiliazione a cui sono stato sottoposto. Non c’era alcun motivo per condurmi di fronte ad una corte con le mani legate”, ha commentato. Negli Usa l’arresto ha innescato un dibattito sulla libertà di stampa e i suoi limiti e confini: secondo Glenn Beck, fondatore di Blaze Media ed ex commentatore politico per Fox News, “chi occupa posizioni di potere è pronto a reagire quando si confronta con narrazioni che si discostano anche solo leggermente dalla versione ufficiale”. Il difensore di Baker, William Shipley, ha parlato invece di un “procedimento giudiziario selettivo e mirato contro uno scrittore conservatore”. Il caso, peraltro, non è isolato: negli ultimi mesi altri due giornalisti, David Medina e Owen Shroyer, sono stati arrestati per aver preso parte ai fatti di Capitol Hill, e il secondo è stato condannato a sessanta giorni di carcere.

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