“La corruzione elettorale politico-mafiosa in Lombardia”. Se il titolo di questo libro vi sorprende è perché oggi di mafia a Milano e dintorni si parla poco, e tante storie neppure troppo lontane negli anni ce le siamo dimenticate. Per questo vale la pena leggere l’inchiesta di Ersilio Mattioni, collaboratore di ilfattoquotidiano.it e di FQ MillenniuM, che esce venerdi primo marzo con la Gazzetta dello Sport nella collana “Mafie. Storia della criminalità organizzata”, curata dalla giurista Barbara Biscotti.

Specialmente da direttore di Libera Stampa l’Altomilanese, Mattioni ha seguito diverse vicende di ‘ndrangheta (ma non solo) e politica in Lombardia, e in questo volume si concentra sulle storie che hanno svelato la capacità dei boss locali di vendere voti ai candidati per le elezioni comunali e regionali. Non parliamo di poca roba. Sono ben quattromila, per esempio, le preferenze vendute da Eugenio Costantino, ndranghetista trapiantato a Marcallo con Casone, legato al clan Morabito-Bruzzaniti di Africo, a un pezzo grosso del Pdl, Domenico Zambetti. Prezzo: 200 mila euro, 50 euro a voto.

La storia, che nel libro è ripercorsa in modo dettagliato, è esemplare. In breve: Zambetti è assessore regionale all’Artigianato, nel 2010 ci sono le elezioni e il presidente Roberto Formigoni, certo di vincere, annuncia per tempo che farà entrare in giunta solo chi dimostrerà di poter raccogliere tanti, tanti voti. Così che Zambetti entra in contatto con Costantino, uomo addentro alla politica locale e, pensate un po’, dirigente della Dc per le autonomie di Gianfranco Rotondi (che lo disconoscerà).

Zambetti, effettivamente, fa il botto: alle regionali del 2005 aveva raccolto 9358 voti (con l’Udc), a quel giro ne prende 11.273. Un gruzzolo che gli apre le porte della nuova giunta Formigoni e con un assessorato di maggior peso, quello alla Casa. Fino al 10 ottobre 2012, quando Zambetti viene arrestato, come Costantino, in un’operazione della Direzione distrettuale antimafia di Milano. La loro colpevolezza sarà provata con sentenza definitiva, ma certo bastava andare a spulciare i risultati elettorali di un po’ di piccoli Comuni – cosa che Mattioni ha fatto – per rendersi conto che qualcosa non andava. In quel 2010, Zambetti faceva registrare boom di preferenze sospetti in territori dov’era un perfetto sconosciuto, non aveva mai messo piede, non aveva fatto campagna elettorale. Ma dove erano forti gli agganci di Costantino.

Le indagini dimostrano che ormai da decenni la ‘ndrangheta in Lombardia (e in Piemonte, e in Liguria, e in Valle d’Aosta) fa di tutto per assicurarsi referenti politici nei consigli comunali e in Regione, con l’obiettivo di ottenere commesse pubbliche, lavori, licenze, assunzioni, favori di ogni tipo. Il libro ripercorre molte di queste storie, a Milano, a Pavia, a Buccinasco, a Trezzano sul Naviglio, a Desio, a Sedriano (poi sciolto per condizionamento mafioso), a Rho, a Castano Primo, a Inveruno… Vicende che non sempre hanno avuto uno sbocco giudiziario, ma che fanno emergere una realtà troppo a lungo negata: nella progredita Lombardia, la ‘ndrangheta è in grado di gestire pacchetti di voti nei centri grandi e piccoli dove è più radicata. Ed è in grado di influenzare il meccanismo fondamentale della democrazia.

IL DISOBBEDIENTE

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