“Perché un’importante istituzione come La Biennale di Venezia si presta a legittimare” l’Iran, ovvero “la delegazione di un regime dittatoriale che da 45 anni censura ogni espressione artistica?”. L’appello di protesta, proprio mentre viene contestato l’analogo invito a Israele, è stato rilanciato da Woman Life Freedom Europe e Woman Life Freedom Italy. Che ora chiede sia dato spazio anche agli artisti e alle artiste dissidenti. Il movimento si batte da mesi perché la Repubblica Islamica dell’Iran sia esclusa dalla manifestazione a causa degli “atti di violenza disumani e indescrivibili” che continua a perpetrare “specialmente contro le donne, contro i giovani che osano protestare pacificamente e contro gli artisti che non si allineano al regime”. Il documento è stato sottoscritto da numerose personalità iraniane (e non solo) della cultura, dell’arte, del cinema e della musica: da Marjane Satrapi e Shirin Ebadi a Marco Bellocchio e Nanni Moretti.

Una richiesta che però la Biennale ha respinto: “Precisiamo”, hanno scritto, “che tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica Italiana possono in totale autonomia richiedere di partecipare ufficialmente. La Biennale, di conseguenza, non può prendere in considerazione alcuna petizione o richiesta di escludere la presenza di Israele o Iran“. Sull’esclusione della Russia, sostengono che “la chiusura del Padiglione della Russia è stata decisa dal Commissario e dal Curatore nominati dal Ministro della Cultura della Federazione Russa”. Al contempo, fa sapere la Biennale, saranno presenti anche “artisti palestinesi” tra gli eventi collaterali.

Woman Life Freedom ha scritto a fine febbraio una nuova lettera agli esponenti istituzionali chiedendo una presa di posizione: si rivolgono al presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto, al direttore generale della Biennale Andrea Del Mercato, al Consiglio di Amministrazione della Biennale – Luigi Brugnaro, Luca Zaia, Claudia Ferrazzi -, nonché alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro Affari Esteri Antonio Tajani, al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, al presidente Commissione Cultura della Camera dei Deputati Federico Mollicone, al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. “Nel pieno del terrore”, diceva Woman Life Freedom, “a nome degli artisti dissidenti e degli artisti indipendenti, e del popolo iraniano perseguitato, chiediamo di dare un segnale forte e chiaro alla comunità internazionale, con una voce autorevole che annulli la partecipazione dell’Iran e degli artisti asserviti al regime alla Biennale Arte di Venezia 2024”.

A ottobre scorso, dice Women Life Freedom, “mai alcuna risposta diretta ed ufficiale è pervenuta dalla Biennale. Infatti tramite fonti stampa è stato semplicemente annunciato che l’Iran non avrebbe partecipato alla prossima edizione. Questa risposta ha di fatto messo a tacere la nostra protesta che non ha più trovato spazio nei media italiani e ci ha confortato sulla situazione messa in evidenza attraverso il nostro appello. A distanza di poche settimane la situazione invece è cambiata, dato che risulta che l’Iran abbia presentato il progetto e l’istanza di partecipazione proprio a ridosso della scadenza del termine del 19 gennaio 2024″. E continuano: “Noi di “Women Life Freedom”, ci saremmo aspettati un minimo di considerazione e soprattutto una comunicazione diretta sulla presenza della Repubblica Islamica dell’Iran. Infatti tale informazione avrebbe permesso di organizzarci ed agire di conseguenza, dandoci il tempo di pensare ad un evento collaterale con un gruppo di artisti iraniani indipendenti, perseguitati dal regime e costretti all’esilio, gli stessi artisti che hanno firmato l’appello. A poche settimane dall’inaugurazione diventa difficilissimo, ormai, adottare un progetto alternativo, che sia più di una semplice protesta, come risposta al Padiglione Iraniano, anche per la difficoltà di coinvolgere gli artisti con pochissimo preavviso e recuperare le risorse economiche necessarie”.

Per Women Life Freedom, la Biennale ha già avuto in passato comportamenti di dura condanna nei confronti di Paesi che non rispettano i diritti umani. E, dopo la rinuncia della Russia, ricordano, fu proprio “la Biennale con una nota del 2 marzo 2022 a rifiutare ufficialmente ‘ogni forma di collaborazione con chi ha […] attuato o sostiene un atto di aggressione di inaudita gravità, e non accetterà pertanto la presenza alle proprie manifestazioni di delegazioni ufficiali, istituzioni e personalità a qualunque titolo legate al governo russo'”. E ancora: “Vogliamo ricordare che questa presa di posizione della Biennale non è certamente nuova: infatti per quasi trent’anni, dal 1968 al 1993, il Sudafrica venne escluso dalla mostra per motivi umanitari (apartheid)”. E “non è nuova anche la scelta da parte della Biennale di prendere una posizione ed ospitare artisti dissidenti negli eventi collaterali, come già accaduto con l’artista cinese Ai Weiwei durante l’edizione 55 o con Tania Bruguera nel 2009, entrambi artisti dissidenti e attivisti che hanno condiviso a lungo la condizione di prigionieri del loro stesso Paese denunciandone gli orrori e le atrocità commesse”.

Invece, conclude Women Life Freedom, “nello spirito del tema della Biennale 2024, gli artisti iraniani dissidenti sono stati costretti, loro malgrado, a diventare ‘stranieri ovunque'”, dicono rievocando il tema dell’edizione di quest’anno della Biennale. “Ci auspichiamo quindi che anche agli artisti iraniani dissidenti sia concesso uno spazio ed un luogo per presentare le proprie ricerche artistiche, già ampiamente riconosciute dal mondo dell’arte a livello internazionale”. E chiudono: “Il silenzio e la deresponsabilizzazione sono certamente la scelta più comoda ma l’arte è sempre rappresentazione del momento presente e della contemporaneità, mai avulsa dal contesto storico e dalle tragedie umanitarie, come hanno ben rappresentato anche i diversi Curatori che hanno animato le ultime Biennali Arte e Architettura.
L’arte e gli artisti non possono tacere e mai lo hanno fatto nella storia”.

L’appello in sostegno della posizione di Women Life Freedom era stato sottoscritto da importanti personalità del mondo culturale. Iraniano e non solo. Tra questi l’artista iraniana Shirin Neshat, la regista Marjane Satrapi, l’avvocata Shirin Ebadi (premio Nobel per la pace 2003), i registi Marco Bellocchio e Nanni Moretti, gli artisti Joseph Kosuth e Alberto Biasi, i musicisti Paolo Fresu, Davide Toffolo, Franco Piersanti, i registi Francesca Archibugi, Daniele Luchetti, Giulio Manfredonia, Marco Simon Puccioni, Ferdinando Vicentini Orgnani, Paolo Virzì, gli sceneggiatori Francesca Marciano, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, gli scrittori Gabriella Caramore, Mariolina Venezia, Marcello Fois, Diego De Silva, i curatori Luca Massimo Barbero e Chiara Bertola.

Ora il movimento rilancia una raccolta firme (che si può firmare qui) e aggiunge: “Chiediamo formalmente che alcuni artisti iraniani opposti al regime possano avere l’opportunità di essere ospitati in un Padiglione o in un Evento Collaterale, come è stato per gli artisti palestinesi. La presente anche per sollecitare La Biennale, l’opinione pubblica e il mondo dell’arte ad attivare piattaforme di confronto e dialogo sulla situazione attuale. Attendiamo con ansia una Vostra decisione in merito: invitare ed ospitare artisti iraniani dissidenti sarebbe una risposta coerente con la storia della Biennale di Venezia e con le condanne dell’Unione Europea nei confronti di un Paese che viola giornalmente i diritti di tutti”.

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