Moncalieri 1374, Nichelino 689, Beinasco 393, Grugliasco 746, Collegno 790, Rivoli 932, Pianezza 474, Borgaro 304, Settimo 1315, San Mauro 425. Sono gli ettari di suolo già consumati nei Comuni della cintura di Torino, rilevati nel 2022 (Rapporto ISPRA del 2023). Però Torino con i suoi 8472 ettari li straccia tutti: il 65,11% della superficie della capitale subalpina è già oggi costituito non da suolo naturale ma da cemento e asfalto. E meno male che la giunta piddina di Stefano Lo Russo faceva del verde uno dei cavalli di battaglia del suo programma.

Del resto basti citare qui i futuri progetti dell’ospedale nel parco della Pellerina o della cittadella sport all’interno dell’ex galoppatoio al Parco del Meisino per sottolineare la coerenza dell’attuale giunta… Torino, Moncalieri, Nichelino e compagnia cantante: qualsiasi sindaco ormai è oggi cosciente che il consumo di suolo, se da un lato si traduce in soldi per le finanze comunali sotto forma di oneri di urbanizzazione, dall’altro crea quanto meno le condizioni per un aumento delle temperature e dell’inquinamento, per una perdita di produttività, per un dilavamento dell’acqua, per fenomeni di erosione e, spesso, per dissesti idrogeologici. Ebbene, nonostante questa perfetta conoscenza, si continua a permettere di costruire, quando non sono le amministrazioni stesse artefici del consumo.

E allora, visto che tutto nella nostra società ha un costo (ma non un valore), mettiamola sul piano dei servizi ecosistemici che la perdita di naturalità del suolo comporta. Aperta parentesi: i servizi ecosistemici sono quei servizi che un ambiente integro naturalmente fornisce all’uomo, tipo fertilità del suolo, purezza delle acque, salubrità dell’aria, materie prime, ma anche bellezza del paesaggio, etc. Chiusa parentesi. Appunto la perdita di servizi ecosistemici comporta un costo per la collettività, quindi un danno per essa. Lo stesso Ispra stima ad esempio che il costo annuale medio per la perdita dei servizi ecosistemici si aggiri attorno ai 100mila euro per ettaro (ovvero 10 euro per ogni metro quadro perduto).

Deve aver pensato questo il Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio: mettiamola sul piano del danno alla collettività. Visto che il disegno di legge sull’azzeramento del consumo di suolo (opera del Forum stesso) continua ad essere al palo in Parlamento, e anzi si aggiungono altri disegni per annacquarlo e renderlo inoffensivo (persino uno come Maurizio Gasparri, notoriamente non un paladino della difesa dell’ambiente, ha presentato un ddl sulla rigenerazione urbana…), allora agiamo altrimenti, mettendo gli amministratori comunali di fronte alle loro responsabilità, anche di fronte alle generazioni future. Ed ecco quindi la nuova campagna con la quale il Forum mira a spingere i consiglieri comunali, attraverso la pressione dei propri concittadini, a presentare mozioni per calcolare correttamente i costi derivanti dal consumo di suolo.

La campagna si traduce quindi in una “lettera al mio sindaco” con la quale i cittadini invitano l’amministrazione comunale a calcolare il consumo di suolo e il conseguente costo per la collettività, mettendo a bilancio questa voce passiva. Diciamo che magari non è bello tradurre anche la perdita di beni primari in un costo monetizzabile perché, come accennavo sopra, ci si adegua ad una tendenza in atto nella nostra società in base alla quale anche un uomo ha un valore monetario (è il “capitale umano”), ma è almeno un modo per cercare di scuotere le coscienze di chi governa. Per non finire come il Comune di Casavatore. Non è un Comune conosciuto? Peccato, lo dovrebbe essere. Casavatore è un Comune in provincia di Napoli in cui il 91,43% della superficie è impermeabilizzata: non più suolo fertile ma cemento e asfalto.

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