Che l’Italia non sia un paese per giovani è cosa risaputa da tempo, anche senza consultare i dati sconfortanti che suggellano la gerontocrazia imperante. Il guaio è che non è neppure un paese per individui forniti di pensiero critico o anche soltanto buon senso minimo, mentre in compenso è quello in cui vengono fatti prosperare furbi, incompetenti e fuorilegge.

Non saprei davvero come altro spiegare a dei giovani ragazzi, altrimenti, come sia possibile che i loro insegnanti, e relativi istituti scolastici, impiegano tempo e risorse per insegnare l’importanza del pensiero critico in un paese che dello stesso non sa che farsene e anzi lo punisce.

Sì, perché non soltanto i suddetti ragazzi, durante la kermesse musicale più popolare del nostro paese, hanno assistito alla crocefissione in pubblica piazza e pubblico servizio (sic) del giovane cantante Ghali, reo di aver pronunciato la frase “stop al genocidio” subito dopo la sua performance. Si badi bene, non una censura al testo della sua canzone, molto più profondo e articolato (ma si sa, la canzone è un prodotto commerciale di successo, quindi intoccabile…), bensì a una frase che il rapper si è anche peritato di spiegare con sobrietà e buon senso di fronte a conduttori e dirigenti della Rai che, sotto le sembianze di adulti, sembravano in realtà dei bambinoni impauriti dal fatto che il padre-padrone potesse togliere loro una marmellata tutt’altro che meritata.

Ma poi si aggiunto il fatto molto più grave e preoccupante, quello di forze dell’ordine che accerchiano e manganellano con violenza dei ragazzi liceali, in quel di Pisa, rei di manifestare la loro solidarietà nei confronti del popolo palestinese. “Erano giovani pro Hamas”, si sono giustificati dalle parti del governo, come se essere a favore di qualcuno possa essere perseguito in termini di legge al pari, che so, di inneggiare al fascismo fra braccia tese e ostentazione di ammennicoli riferiti al regime mussoliniano. Soltanto quattro mesi fa era accaduto a Torino (“Basta, hanno rotto il cazzo”, disse un dirigente di polizia davanti ai ragazzi disarmati, prima di ordinare l’assalto brutale), mentre episodi simili di repressione violenta del dissenso si verificavano anche a Napoli, Bologna e Firenze. In un paese, duole sottolinearlo, che è fra i pochissimi in Europa a non prevedere un codice di riconoscimento identificativo delle forze dell’ordine (persino in Polonia e Ungheria ne sono provvisti).

Ora, sono fermamente convinto che le forze dell’ordine, specialmente nell’esercizio del loro dovere, non vadano mai forzate, aggredite e neppure insultate da cittadini manifestanti, e su questo sarebbe gradita finalmente una pubblica e corale dichiarazione di tutte le forze politiche (anche quelle che, a sinistra, ancora giocano talvolta al piccolo rivoluzionario). Nel caso di Pisa mi auguro che le responsabilità saranno accertate con un’efficacia finora mai sperimentata.

Ciò doverosamente premesso, il messaggio che arriva ai ragazzi è comunque chiaro: il pensiero critico tenetevelo in quel luogo anacronistico e fuori dal mondo reale che è la scuola, ma non azzardatevi a manifestarlo pacificamente nelle pubbliche piazze perché, altrimenti, sarete puniti con violenza. Senza che, per giunta, nessuno si assuma la responsabilità di eventuali errori o soprusi, ma con molte promozioni come purtroppo ci ha insegnato la clamorosa e tristissima vicenda del G8 di Genova del 2001.

In compenso, però, tanto per chiudere un cerchio di miserevole coerenza che non può essere imputato a un fantomatico ritorno del fascismo – ma semmai a una degenerazione diffusa della cultura e della politica in questo triste paese – sempre i nostri giovani che dovrebbero essere attrezzati al pensiero critico si trovano di fronte alla più celebrata (e seguita) trasmissione rappresentativa della galassia progressista (“Che tempo che fa”, condotta da Fabio Fazio), che, a mo’ di premio per le recenti azioni assai poco commendevoli (fra le altre cose è indagata per truffa aggravata), decide di invitare Chiara Ferragni a pontificare come una stella che brilla di luce sacra e autorevole. La stessa Ferragni che, qualche giorno fa, ha potuto rilasciare un’intervista fiume al primo giornale italiano. Tutto legittimo, per carità, salvo il messaggio che arriva chiaro e forte ai nostri ragazzi.

Ora, ho deciso volutamente di non entrare nello specifico delle questioni a cui ho fatto cenno, certamente differenti e senza un filo rosso che immediatamente le riveli come accomunate. O meglio, un filo ci sarebbe e riguarda quello strumento tanto prezioso quanto martoriato che si chiama pensiero critico. Ma a quanto pare c’è da aver paura anche solo a nominarlo. Figuriamoci a metterlo in pratica. A meno che non sei una celebre influencer e lo fai passare come beneficenza nei confronti di un popolo che in realtà si vorrebbe sempre più sprovvisto proprio di pensiero critico.

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