Cinema

Festival di Berlino, regista israeliano denuncia “l’apartheid” contro i palestinesi: accusato di antisemitismo. Critiche anche da Scholz

di F. Q.

Una manifestazione troppo schierata, addirittura accuse di antisemitismo nei confronti di un regista israeliano. Il Festival del Cinema di Berlino finisce nella bufera, a 15 giorni circa dalle polemiche post-Sanremo, per il messaggio lanciato dal palco dai due registi del documentario No Other Land, vincitore del Documentary Film Award, l’israeliano Yuval Abraham e il palestinese Basel Adra. Tanto che nel dibattito, attaccando l’organizzazione a suo dire troppo schierata, è intervenuto anche il governo per bocca del cancelliere Olaf Scholz.

ANTISEMITISMO O TENTATIVO DI CENSURA? – Le polemiche hanno sorpreso per primi coloro che sono stati oggetto degli attacchi. Abraham ha infatti commentato l’accaduto in un post su Twitter nel quale ha riproposto anche il passaggio incriminato del suo intervento: “Il nostro film No Other Land sulla brutale espulsione da Masafer Yatta ha vinto il premio come miglior documentario alla Berlinale – ha scritto – Il canale 11 israeliano ha trasmesso questo segmento di 30 secondi del mio discorso, follemente definito ‘antisemita‘, e da allora ho ricevuto minacce di morte“.

Se si guarda il passaggio, appare chiaro come l’intento dei due registi premiati fosse quello di sottolineare le iniquità vissute sulla loro pelle, un israeliano e un palestinese, per spiegare come i diritti dell’uno siano meno garantiti rispetto a quelli dell’altro in un Paese come Israele. Un tema a loro caro, dato che anche l’opera premiata, opera di un collettivo israelo-palestinese, racconta i sei anni di espulsioni forzate degli abitanti di Masafer Yatta, in Cisgiordania, da parte dell’esercito israeliano. “Volevo dire che siamo qui di fronte a voi, abbiamo all’incirca la stessa età – ha detto Abraham dal palco berlinese – Io sono israeliano, Badra è palestinese e tra due giorni torneremo in una terra nella quale non siamo considerati uguali. Io vivo sotto la legge civile, Basel sotto la legge militare. Viviamo a circa 30 minuti l’uno dall’altro, ma io ho diritto di voto, Basel no. Io ho libertà di movimento in ogni area di questa terra, Basel essendo palestinese è bloccato nella Cisgiordania occupata. Questa situazione di apartheid tra noi è iniqua e deve finire”.

Quando ha preso la parola, Basel Adra ha invece voluto sottolineare come per lui fosse difficile essere sul palco, in quel momento, per festeggiare “quando decine di migliaia di persone del mio popolo vengono massacrate da Israele a Gaza”.

Altri episodi hanno invece coinvolto altri artisti presenti. Secondo quanto scrive Die Welt, al termine del suo discorso di accettazione di un premio il regista statunitense Ben Russell ha parlato di “genocidio” a Gaza, mentre la richiesta di un “cessate il fuoco ora” per la Striscia appariva su adesivi e pezzi di stoffa attaccati agli abiti di partecipanti alla cerimonia che hanno attratto l’attenzione di fotografi e videomaker ed è stata scandita dal palco dall’attrice e regista italiana Jasmine Trinca.

L’ATTACCO DELLE ISTITUZIONI – Una situazione che ha scatenato la dura reazione delle istituzioni locali e nazionali, tra le più restie, a livello globale, a condannare in questi mesi l’operato di Israele nella Striscia di Gaza, dove ci si appresta a toccare la soglia dei 30mila morti dall’inizio dell’operazione militare. Il primo è stato il sindaco della capitale, Kai Wegner, che sul suo account X ha sentito il bisogno di ricordare che “l’antisemitismo non ha posto a Berlino e questo vale anche per gli artisti. Quello che è successo ieri (sabato) alla Berlinale è una relativizzazione intollerabile“.

Nelle ore successive la sua posizione è stata sposata anche dal cancelliere Olaf Scholz, secondo cui “non si può mantenere una posizione così unilaterale” nel dibattito israelo-palestinese. In ogni dibattito su questo argomento è importante tenere presente ciò che ha innescato questa rinnovata escalation del conflitto, ovvero l’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023, ha aggiunto. Come lui la pensa la ministra per la Cultura e i Media tedesca, Claudia Roth, che ha definito la cerimonia “spaventosamente unilaterale e caratterizzata da un profondo odio per Israele“. L’esponente dei Verdi ha annunciato un esame dei fatti al fine di evitare che simili episodi si ripetano in futuro alla Berlinale.

Un clima che ha costretto l’organizzazione del festival a dichiarare in un comunicato che le parole dei registi costituiscono “opinioni individuali e indipendenti“, che “non rappresentano in alcun modo” quelle della Berlinale, ma che dovrebbero essere “accettate” purché “rispettino il quadro legale”. Allo stesso tempo, la direzione del festival ha dichiarato di “comprendere l’indignazione” suscitata dai commenti “ritenuti troppo di parte” espressi durante la cerimonia di premiazione.

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