Come era prevedibile la prima udienza del processo per l’omicidio di Giulio Regeni, attesa “da 8 anni” dalla famiglia e dagli avvocati, è stata dedicata esclusivamente ad eccezioni preliminari da parte dei difensori dei quattro 007 egiziani. I quattro agenti della National Security imputati sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato. Nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.

Gli avvocati difensori hanno chiesto ai giudici di dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio su una serie di questioni tra cui la indeterminatezza del capo di imputazione e il difetto di giurisdizione. “Abbiamo chiesto di far sapere all’Egitto che sono cambiati i presupposti. La sentenza della Corte costituzionale dice che anche in mancanza di notifica agli imputati in questo specifico caso il processo si può fare. E visto che la sorte degli imputati dipende da un terzo, ossia lo stato egiziano che non mi risulta un paese tendenzialmente democratico, abbiamo prospettato la questione alla Corte. Si può fare il processo senza dichiarazione di domicilio dell’imputato? – ha chiesto l’avvocato Tranquillino Sarno- Senza un nome preciso, visto che anche le sue generalità cambiano da una pagina all’altra dei verbali? La sua identificazione può esser ritenuta compiuta dal tesserino che è stato trasmesso dalla procura generale del Cairo?”

“Quel che conta non è la conoscenza delle generalità, ma la possibilità che il detenuto possa essere identificato in sicurezza per l’esecuzione della pena, come avvenne” per un cittadino afgano “che era stato identificato non con le sue generalità, ma con una fotografia” ha replicato il pm Sergio Colaicco. L’avvocata di parte civile Alessandra Ballerini legale, insieme al collega Giacomo Satta, che gli imputati erano stati identificati proprio tramite i verbali della magistratura egiziana e arrivati agli inquirenti italiani tramite rogatoria e che l’identificazione fisica vale anche se non c’è un’esatta identificazione anagrafica. Nei verbali gli egiziani sono identificati in tre casi con nome, cognome, anno di nascita e numero del tesserino militare e in un caso con la data. La Corte si è riservata di decidere nella prossima udienza fissata al 18 marzo.

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