C’è molta architettura e Napoli nella versione di Un Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi diretta da Riccardo Muti, in programmazione al Teatro Regio di Torino, dal 21 febbraio al 3 marzo, che lo stesso direttore – con elegante autoironia e consueto “andante con brio” – racconta prima nella conferenza stampa poi esibendosi sul podio. Non vengono cambiati i testi, anche se qualcuno potrebbe interpretarli distonici e distopici, perché il Maestro è fieramente contro la cancel culture: la storia non si tocca, né l’architettura di periodi che non ci piacciono, né la letteratura, ancor meno la musica, ed è musica in tutti i sensi, per le mie orecchie, poiché molte volte, anche qui, mi sono espressa in modo negativo contro queste scelleratezze.

Per questa ragione non viene cambiato il termine “negri” pronunciato dal giudice di Boston, la storia è ambientata nella città americana, né è stata tolta la frase “fai di me quel che tu vuoi”, detta da una donna ad un uomo.

Il Maestro, che rivendica il primato italiano nella cultura contro gli snobistici atteggiamenti di sopravvalutazione di istituzioni musicali straniere, orgogliosamente elenca le presenze richiestegli all’estero, non tanto per se stesso – afferma – ma per tutti gli italiani: sarà il 7 maggio per i 200 anni della Nona sinfonia di Beethoven, poi il 1 gennaio 2025 per i 200 anni di Strauss, sempre a Vienna.

Come accennato all’inizio, la più stupefacente novità rispetto a tutta la filologicità della partitura e libretto è l’ambientazione non a Boston ma nella Napoli del ‘700, con la facciata interna, liberamente interpretata, di Palazzo Marigliano, già Palazzo di Capua, che è uno dei monumenti più interessanti della città partenopea. Il palazzo si trova a Spaccanapoli ed è di impianto rinascimentale ma fu sostanzialmente modificato in edificio barocco, specie nella corte, con un’importante scala a doppia rampa. Proprio questo è il fondale della scenografia che ha ispirato il regista De Rosa, napoletano come il Maestro, che ha consentito questo strappo storico temporale e di luoghi.

Anche la storia delle persone che l’hanno abitato sembra ricalcare la trama originaria del dramma di “Gustave III ou Le Bal masqué” di Eugène Scribe, infatti nell’atrio che porta al cortile d’onore sono situate due grandi lapidi murarie che ricordano fatti avvenuti in epoche diverse, una la storia di Costanza di Chiaramonte, moglie ripudiata per beghe famigliari ed un’altra i protagonisti di una congiura antispagnola. Ora il Palazzo, che è sempre dei discendenti dei Marigliano, ha avuto molte destinazioni d’uso tra cui uffici della Soprintendenza archivista, altre ancora, ed adesso principalmente a resort di lusso.

Sarebbe affascinante che nelle splendide sale barocche e nello scenografico cortile, liberamente riprodotto al Teatro Regio di Torino, risuonassero di tanto in tanto le note de Un Ballo in Maschera, come aggiungere bellezza alla Bellezza…

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