Un docente del dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino è stato sospeso per un mese per una chat irriguardosa con foto e video sconvenienti inviati alle studentesse. Il provvedimento, che comporta anche la sospensione dello stipendio, è stato preso dopo la segnalazione di alcune studentesse. Nei giorni scorsi il collettivo Studenti Indipendenti e il movimento Non Una di Meno hanno organizzato una manifestazione nel rettorato e denunciato di aver raccolto centinaia di testimonianze riguardo a molestie avvenute nell’ateneo. Intanto, sempre veenerdì, è finito ai domiciliari un altro docente universitario torinese, Giancarlo Di Vella, della scuola di medicina legale dell’Ateneo, accusato di falso ideologico per aver inscenato corsi e attività fittizie (come le autopsie) per nascondere il mancato raggiungimento degli standard ministeriali previsti e ottenere l’accreditamento ma anche di molestie sessuali. Le persone offese sarebbero cinque specializzande.

Il rettore dell’Università di Torino Stefano Geuna ha assicurato “fermezza” e garantito “la massima attenzione ai casi che possono verificarsi, alle segnalazioni, e la necessaria intransigenza“. “È urgente”, ha detto,”assumere misure sempre più severe per chi abbia esercitato molestie e soprusi, violando i diritti fondamentali e la dignità della persona. L’università deve essere un luogo sicuro e percepito come tale, con tutti gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento universitario”. Per Giovanna Iannantuoni, presidente della Crui, “quello che è stato denunciato è semplicemente inaccettabile per la sua gravità. Le università sono un luogo nel quale gli studenti devono sentirsi protetti. Il mio impegno è che episodi del genere non possano accadere mai più e utilizzerò tutti gli strumenti per far sì che questo si realizzi. Su fatti del genere deve esserci tolleranza zero”. Ma Camilla Piredda, coordinatrice dell’Unione degli Universitari (Udu), replica che “le università non sono spazi sicuri. Ognuna di noi ha una storia da raccontare. Storie che riguardano compagni di corso, personale d’ateneo, docenti universitari. Gli abusi di potere da parte di chi siede nelle cattedre delle nostre università sono all’ordine del giorno: ci troviamo costrette a scegliere tra la nostra carriera universitaria ed il nostro diritto a denunciare”.

Nel campus Luigi Einaudi è attivo da tempo uno sportello antiviolenza e in un anno sono state 138 le donne che hanno contattato le operatrici, anche se non tutti gli episodi segnalati sono avvenuti dentro l’Università. “Il femminicidio di Giulia Cecchettin è stato una sorta di spartiacque” dice, con riferimento alle denunce, la psicologa dello sportello alla Stampa. Il quotidiano che ha acceso i riflettori sulle molestie denunciate dalle studentesse segnala anche che il MeToo nelle Università si va allargando con la nascita di centri antiviolenza da Pisa a Palermo.

Tra le testimonianze raccolte dal movimento transfemminista ci sono “molestie durante un consiglio di dipartimento“, molestie verbali subite da un dipendente della biblioteca e da un ricercatore di filosofia, sguardi insistenti. Anche dottorande, ricercatrici e docenti hanno partecipato al sondaggio raccontando tra l’altro di comportamenti sessisti di colleghi: “Spesso mi hanno trattato come una segretaria, chiedendomi di ricordare loro gli appuntamenti e di gestire la parte burocratica dei corsi in comune”.

Articolo Precedente

Morto il giornalista Daniele Pugliese: ha scelto il suicidio assistito in Svizzera. “Vado via soddisfatto”

next
Articolo Successivo

“Le crisi hanno allontanato dal mondo del lavoro i disabili. Manca un piano per l’inclusione. I dati? Solo statistiche vecchie e imprecise”

next