Sarà per il nome del protagonista, sarà una scelta involontaria, fatto sta che il Pd non ha dubbi: l’errore del deputato di Fratelli d’Italia, Francesco Filini, relatore del decreto Capitali, è degno di una “scena fantozziata”, come quelle che vedevano protagonisti Paolo Villaggio e Gigi Reder. I deputati del Pd hanno svelato che Filini ha deciso di non parlare nell’aula di Montecitorio durante la discussione sul decreto Capitali di cui è responsabile, preferendo consegnare il suo intervento al presidente della Camera Lorenzo Fontana “che lo mette agli atti, come riportato nel resoconto parlamentare della seduta di lunedì 5 febbraio”. Uno “strano comportamento per un relatore”, sottolinea il Pd visto che sarebbe suo compito illustrare il provvedimento. Ma comunque tutto a termini di regolamento.

“Il bello viene adesso – denunciano i dem – A spulciare le carte e leggere l’intervento depositato (fedelmente riportato in calce al resoconto) ci si accorge che non c’entra nulla con il provvedimento in esame. Filini ha consegnato a Fontana la relazione di un decreto dell’anno scorso, il cosiddetto decreto Fintech, del tutto estraneo alle norme in discussione”, che nell’ottica del governo dovrebbero servire a rendere più semplice la circolazione dei capitali e diventate invece oggetto di polemiche per le nuove previsioni riguardo alle liste dei Consigli d’amministrazione.

L’episodio, secondo il Pd, sottolinea “il dilettantismo e il modo caotico con cui ogni giorno governo e maggioranza si presentano in Parlamento”. Durante la settimana – sottolineano i dem – “abbiamo sventato il tentativo della maggioranza di piegare a proprio vantaggio il giurì d’onore (che è una sorta di tribunale interno e per natura essere imparziale), e assistito a una caotica gestione del decreto Milleproroghe con continui rinvii dei lavori, problemi con numero legale in commissione, divisioni nella maggioranza e disordine nella presentazione degli emendamenti del governo e dei relatori”. Una gestione, conclude il Pd, “confusionaria che conferma dilettantismo e insofferenza del governo e della maggioranza alla discussione parlamentare”.

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